Papa Giovanni X
Papa Giovanni X | |
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122º papa della Chiesa cattolica | |
Elezione | marzo 914 |
Insediamento | marzo 914 |
Fine pontificato | maggio 928 |
Cardinali creati | vedi categoria |
Predecessore | papa Lando |
Successore | papa Leone VI |
Nascita | Tossignano, 860 circa |
Morte | Roma, 929 |
Giovanni X (Tossignano, 860 circa – Roma, 929) fu il 122º papa della Chiesa cattolica da marzo 914 al maggio 928.
Biografia
Nato a Tossignano, nelle colline sopra Imola, completò il diaconato a Bologna per poi diventare procuratore dell'arcivescovo di Ravenna, Pietro V[1]. Giovanni soggiornò spesso a Roma come legato di Pietro V. Fu in queste circostanze che strinse rapporti con l'aristocrazia romana, in particolare con Teofilatto dei Conti di Tuscolo (ca. 860 - ca. 924).
Papa Sergio III lo nominò vescovo di Bologna ma, prima di essere consacrato, fu chiamato, nel luglio 905, alla sede di Ravenna, che si era resa vacante. Giovanni tenne l'arcidiocesi fino al 910. Nel 914 salì al soglio pontificio. All'epoca un decreto conciliare proibiva a chi era già vescovo di diventare Papa, ma il volere del console di Roma Teofilatto, capo della nobiltà dell'Urbe, prevalse sulla forza della legge. Erano 150 anni che non veniva eletto un papa nato fuori Roma, da Papa Adriano I, prima d'una lunga serie di papi romani.
Le alleanze con i principali nobili italiani
Nonostante l'appoggio dell’aristocrazia fosse risultato determinante per la sua elezione, Giovanni X non fu un pontefice fantoccio. Anzi, egli fu l’ultimo Papa a far valere il suo potere anche sulla nobiltà romana, prima di una lunga serie di pontefici cortigiani. Giovanni credette nella necessità che l'autorità spirituale e quella temporale si dessero reciproco appoggio contro l'anarchia feudale. Una delle sue prime decisioni politiche fu quella di stringere un’alleanza con Alberico I, Marchese di Camerino, allora dominus del Ducato di Spoleto e dell'intera Italia centrale. Giovanni X, già forte dell’alleanza con l’aristocrazia romana, portava così dalla sua parte anche uno dei nobili più potenti della penisola.
Per affermare invece l’indipendenza del suo potere dall'aristocrazia, volle ripristinare l’autorità imperiale. Formalmente la carica apparteneva al provenzale Ludovico III (887-928), ma egli non aveva più alcuna autorità sull’Italia e sulla Chiesa. Il Papa diede quindi la corona imperiale a Berengario I (850 ca. - 924), Re d'Italia dall'888, richiamandolo da un esilio in Friuli che durava da ben 15 anni (900-915). L’incoronazione avvenne nei primi giorni di dicembre del 915.
La difesa dell'Italia e della cristianità contro i Saraceni
Se la situazione all’interno del Regnum Italiae poteva dirsi sotto controllo, non era così al di là dei suoi confini. Da oriente avanzavano minacciosi gli Ungari e da nord erano frequenti le incursioni dei Vichinghi. Ma il pericolo maggiore erano i musulmani Saraceni, che con i loro continui assalti alle città costiere della penisola erano progressivamente penetrati all'interno, minacciando di attaccare prima o poi il cuore stesso della cristianità: l'Urbe.
Intorno al 900 i Saraceni avevano fondato una colonia sul fiume Garigliano, al confine tra Lazio e Campania, vero e proprio avamposto militare da cui facevano partire gli assalti contro le città italiane.
Giovanni X, con un’abile azione diplomatica, riuscì a riunire le forze dei vari principati italiani contro i Saraceni, unificando sotto un’unica armata l’esercito pontificio, le milizie dei Ducati del Centro-sud (Spoleto, Gaeta, Napoli, Salerno e Benevento) e la flotta bizantina. La Lega cristiana respinse l’esercito saraceno fuori dalla Sabina e dalla Campania e lo sconfisse definitivamente sulle rive del Garigliano nel giugno 915 (Battaglia del Garigliano), ottenendo una vittoria talmente netta da scongiurare definitivamente le mire dei musulmani sulla penisola italiana.
Giovanni perde lo scontro con Marozia
Passato il pericolo esterno, Giovanni X riuscì a mantenere la pace interna per quasi dieci anni, finché Alberico I di Spoleto, nel frattempo creato console romano, tentò il colpo decisivo per la conquista del potere. Il momento per lui propizio arrivò nel 924, quando Berengario fu assassinato dagli Ungari, che avevano invaso il nord d’Italia. Alberico riuscì a impadronirsi di Roma e a imporre la sua autorità, ma in breve tempo Giovanni X si riorganizzò e lo costrinse alla fuga. Alberico si rifugiò a Orte, ma qui fu assalito e ucciso dai popolani, sobillati da uomini fedeli al Papa.
Nel frattempo erano però morti anche i principali alleati del Papa nell'aristocrazia romana, Teofilatto e Teodora, mentre il nuovo re d’Italia, Ugo di Provenza († 947/48), era stato scelto dai principi elettori senza chiedere l'assenso papale. Giovanni X ora non aveva nessun alleato su cui poter contare. Così, nominò il fratello Pietro Console dell’Urbe e Duca di Spoleto. La sua principale avversaria era la vedova di Alberico, Marozia, che nel 924 o 925 si era risposata con il Duca di Toscana, Guido (fratello di Ugo di Provenza), il quale disponeva di un proprio esercito.
Giovanni X tentò come prima cosa di venire incontro al cognato di Marozia, Ugo di Provenza. Nel 926, dopo l'elezione di Pavia, Re e Papa s'incontrarono a Mantova, per discutere sulla situazione politica italiana e in merito all'elezione imperiale di Ugo. Giovanni X prospettò a Ugo il conferimento della corona imperiale[2].
La situazione politica, che era rimasta stabile per circa un anno, precipitò nel 927. In dicembre Marozia e il Duca di Toscana assaltarono la residenza papale, il Laterano. Pietro, fratello di Giovanni, si rifugiò a Orte. Il Papa non poté fare altro che chiamare in aiuto gli Ungari, ma furono sconfitti a Orte. Pietro fuggì di nuovo, verso Roma, ma così facendo firmò la propria fine: morì durante l’assalto.
Giovanni rimase solo. Il papa non aveva più alleati. Passarono pochi mesi e, nel maggio 928, fu arrestato. Per ordine di Marozia, Giovanni fu deposto dal soglio pontificio e venne rinchiuso in Castel Sant’Angelo. Morì in carcere (forse per avvelenamento) tra maggio e luglio del 929.
Mentre Giovanni era ancora vivo, furono eletti due suoi successori: Leone VI (maggio 928) e Stefano VII (dicembre 928).
Dissero di lui
Liutprando da Cremona scrisse che Giovanni fu fatto papa perché era diventato l'amante di Teodora, moglie di Teofilatto, il console di Roma, conosciuta in uno dei suoi viaggi di lavoro verso l'Urbe, la quale riuscì pertanto ad averlo vicino a sé. Ma Liutprando fu avversario del papa e tali notizie sono assai probabilmente una sua invenzione maligna.
Note
- ^ L'arcidiocesi di Ravenna all'epoca era più importante della diocesi di Bologna. Era diverso il peso politico delle due città. Ravenna era stata capitale dell'Impero romano e sede dell'Esarcato bizantino.
- ^ Secondo alcuni storici, le trattative si conclusero con la stipula di un patto. Però non c'è traccia di documenti scritti comprovanti l'accordo.
Bibliografia
- Antica
- Liutprando da Cremona, Antapodosis;
- (anonimo X secolo), Invectiva in Romam.
- Contemporanea
- Enciclopedia dei Papi. Vol. 2, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Treccani, 2000.
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Opera Omnia dal Migne Patrologia Latina con indici analitici
- Biografia di papa Giovanni X nell'Enciclopedia dei Papi Treccani
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