Giorgio Parodi

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Giorgio Parodi
Giorgio Parodi stringe la mano al pilota Stanley Woods, vittorioso nel TT 250 del 1935 su Moto Guzzi
Soprannome"Lattuga"
NascitaVenezia, 1897
MorteGenova, 18 agosto 1955
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataRegia Marina
Regia Aeronautica
SpecialitàIdrovolanti
Ricognizione
Cacciabombardieri
Reparto252ª Squadriglia
260ª Squadriglia
241ª Squadriglia
Anni di servizio1914-1945
GradoSottotenente di vascello
Capitano pilota
GuerrePrima guerra mondiale
Guerra d'Etiopia
Seconda guerra mondiale
BattaglieBattaglia delle Alpi Occidentali
Comandante di50º Stormo Assalto
Decorazionivedi qui
dati tratti da Grande Enciclopedia Aeronautica[1]
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Giorgio Parodi (Venezia, 15 aprile 1897Genova, 18 agosto 1955) è stato un aviatore, militare e imprenditore italiano, veterano della prima guerra mondiale; combatté anche durante la Guerra d'Etiopia e la seconda guerra mondiale, venendo decorato con cinque medaglie d'argento e una di bronzo al valor militare. Fondò con Carlo Guzzi l'azienda motociclistica Moto Guzzi.

«Preoccupatevi degli interessi del nostro Paese più che del vostro. Non circondatevi di troppi agi; non sottraetevi al servizio militare, né al pagamento delle tasse. Siate indulgenti con gli altri e severi con voi stessi. Prego Iddio che i vostri figli siano la gioia della vostra vita come voi lo siete per me.»

Nacque a Venezia nel 1897,[3] figlio di Emanuele Vittorio, noto armatore genovese; si arruolò volontario nella Regia Marina allo scoppio della prima guerra mondiale e, in quanto non ancora maggiorenne, dovette chiedere il permesso paterno.[3] Partì con il proprio motoscafo, ma qualche tempo dopo si appassionò al mondo dell'aviazione. Il 2° Capo Meccanico Parodi chiese ed ottenne di conseguire il brevetto di pilota e poi di pilota militare, volando a bordo degli idrovolanti Macchi L.3 della 252ª Squadriglia basata all'isola di Sant'Andrea (Venezia). Nell'estate del 1917 fu decorato con una prima medaglia d'argento al valor militare[3] per aver partecipato a numerose missioni.[N 1]

Passato alla 260ª Squadriglia su Macchi M.5, il 24 febbraio 1918 Parodi viene abbattuto dall'asso Franz Gräser su Albatros D.III, riuscendo a rientrare ammarando in zona italiana. Successivamente, mentre attaccava un pallone da osservazione nemico fu a sua volta attaccato da un aereo da caccia, rimanendo ferito, ma riuscì a rientrare alla base con il suo velivolo. Per questo fatto fu decorato con una seconda medaglia d'argento al valor militare. Trasferito dal mese di maggio ai velivoli della caccia terrestre della 241ª Squadriglia del Lido di Venezia, conseguì due vittorie aeree in 26 missioni operative, e fu decorato con una terza medaglia d'argento al valor militare.[3] Il 6 agosto 1917, su uno Hanriot HD.1, abbatté un dirigibile Drachen ed un ricognitore Brandenburg vicino a San Stino di Livenza.

In quel periodo conobbe alla Stazione idrovolanti di Venezia il meccanico di aerei Carlo Guzzi,[3] col quale condivideva la passione per le moto e le corse motociclistiche.[N 2] Grazie a un prestito di 1.000 lire[3] ottenuto dal padre, il 15 marzo 1921 fondò a Genova la "Società Anonima Moto Guzzi" insieme al suo amico Carlo. La produzione cominciò in un piccolo stabilimento a Mandello del Lario nell'attuale provincia di Lecco.[3]

La prima moto sviluppata dai due fu la G.P., nome derivato dalle iniziali di Guzzi e Parodi. "G.P." erano però anche le sue iniziali, per cui Giorgio, onde evitare fraintendimenti e con un grande gesto di lealtà e di generosità verso il progettista Carlo Guzzi, decise di cambiare il nome della moto commerciale derivata dalla G.P. (la Normale) in Moto Guzzi, riservandosi la scelta del logo con l'aquila d'oro, simbolo degli aviatori militari.[3]

Rimasto sempre appassionato al mondo aeronautico, fu promotore della costituzione della sezione genovese del Reale Aero Club d'Italia (RAeCI)[N 3] Nel corso del 1935 partì, di nuovo volontario, per la guerra d'Etiopia[4], dove ottenne un'altra medaglia di bronzo al valor militare per un attacco a volo radente effettuato sull'aeroporto di Addis Abeba.[5]

Statua a Giorgio Parodi presso il Belvedere di Mura delle Cappuccine a Genova

Arruolatosi volontario per la terza volta allo scoppio della seconda guerra mondiale, il 15 giugno 1940, durante una ricognizione fotografica sul porto di Tolone, il bimotore Fiat B.R.20 Cicogna da lui pilotato venne colpito da un caccia Dewoitine D.520, incendiandosi. Egli rimase ai comandi per consentire ai sopravvissuti dell'equipaggio[N 4] di lanciarsi, prima di paracadutarsi a sua volta in mare. Trasferito successivamente in Africa Settentrionale nel maggio 1941, entrò in servizio nel 50º Stormo Assalto[6], venendo decorato con una quarta medaglia d'argento[N 5] nel maggio 1942[7], quando decollò alla ricerca di un aereo non rientrato dalla missione. Durante il lungo volo sul deserto, un motore andò in avaria ed esplose, causandogli serie ferite al volto. Malgrado ciò fornì al secondo le indicazioni per il rientro e, una volta atterrato, riferì sulle ricerche e diede istruzioni su come continuarle; venne poi operato, ma le gravi lesioni gli causarono la perdita di un occhio e non poté più volare. Nel 1954 contribuì a finanziare parte della "Scuola materna comunale Aldo Natoli" insieme al fondatore, il commendatore Aldo Natoli, a Lierna sul lago di Como, creando un metodo prescolastico innovativo. Parodi, che fu mentore della pioniera dell'aviazione Carina Massone Negrone, morì il 18 agosto 1955[3], lasciando una figlia (Marina) e due figli (Roberto e Andrea) nati in seguito al matrimonio (avvenuto a Genova nel novembre del 1937) con Elena Cais dei conti di Pierlas, nipote del famoso storico nizzardo Eugenio Cais di Pierlas.

A Genova, nel quartiere di Albaro, la strada che unisce via Angelo Orsini e Via Puggia è intitolata a Giorgio Parodi, "aviatore pluridecorato al valor militare", mentre nel quartiere di Carignano gli è dedicata una statua[8].

Giorgio Parodi fu un grande appassionato degli sport motoristici. Sui campi di gara si presentava spesso sotto lo pseudonimo di "Lattuga",[3] come al tempo usavano molti piloti delle famiglie nobili o molto conosciute, per riservatezza. Aveva scelto tale nomignolo perché definiva una verdura tra le più umili, privo di ogni enfasi e adatto a sottolineare il principio di essenzialità che caratterizzò tutta la sua vita.

Nel periodo tra le due guerre fu pilota istruttore e da competizione. Vinse l'Avioraduno Sahariano tenutosi a Tripoli nel 1935,[9] e poi il IV Avioraduno del Littorio, tenutosi a Rimini il 15 luglio 1939. Nello stesso anno e a bordo dello stesso aereo SAI 7, conquistò il primato mondiale di velocità di volo in circuito chiuso sulla distanza di 100 km, alla media di 392 km/h.

Nel campo motociclistico Parodi rappresentò la vera anima sportiva della Moto Guzzi, in perenne "lotta" con il socio Carlo Guzzi che avrebbe preferito dedicare i suoi preziosismi tecnici esclusivamente a migliorare l'affidabilità, le prestazioni e il comfort della produzione di serie.[10]

L'attività sportiva della Guzzi, sotto la direzione di Parodi, fu improntata alla minuziosa attenzione e controllo di ogni particolare, oltre che a uno spirito di competizione che si rifaceva alle norme cavalleresche osservate dagli aviatori della prima guerra mondiale.[10] Ad esempio, quando la sua scuderia vinceva la gara faceva accompagnare il pilota alla premiazione da un solo rappresentante dell'azienda, scelto a turno tra i più meritevoli. Invece, quando la vittoria andava agli avversari, tutti gli addetti della squadra e i piloti, senza eccezioni, avevano ordine di presenziare sotto il podio per applaudire il vincitore.[10]

Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Osservatore d'idrovolante compiva numerosissime missioni sul territorio nemico efficacemente difeso, e si dimostrava sempre instancabile ed entusiasta nonostante che varie volte il suo apparecchio venisse colpito. Golfo di Trieste-Costa Istriana, 19 agosto 1917.[11]»
— Decreto Luogotenenziale 20 gennaio 1918
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ardito pilota di idrovolanti da caccia dimostrò eccezionale spirito aggressivo nell'attaccare, prima da solo a cento metri di quota un pallone drago difeso da numerose mitragliatrici, e poi un apparecchio nemico staccatosi da un gruppo di altri otto, dai quali egli stesso era riuscito con facile manovra a disimpegnarsi. Pur ferito ad una gamba, con grande abilità portò in salvo l'apparecchio nelle nostre linee fra l'ammirazione di quanti avevano assistito alla sua brillante condotta. Basso Piave, 24 febbraio 1918
— Decreto Luogotenenziale 11 aprile 1918
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Dapprima osservatore, poi pilota di idrovolanti, eseguiva dodici missioni di bombardamento e sedici di ricognizione sul nemico. Divenuto pilota di aeroplani da caccia, eseguiva ventisei missioni sul nemico e sosteneva sei combattimenti aerei, ottenendo due vittorie. Pilota di grande arditezza e valore. Grado-Venezia, settembre 1917-novembre 1918
— Decreto Luogotenenziale 29 febbraio 1920
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Pilota di velivolo di provata audacia e di non comune perizia, compiva un'aspra e difficile ricognizione su munitissimi campi nemici nel momento in cui su quei cieli si combatteva una furiosa battaglia. Attaccato dalla caccia avversaria reagiva con oculata freddezza e con appropriata manovra. Colpito gravemente, collaborava nella condotta del velivolo sopportando stoicamente il dolore e tacendo ai compagni di volo il proprio stato e la sua carne lacerata. Con il velivolo in fiamme attendeva al suo posto il sacrificio che i camerati incolumi si fossero lanciati con il paracadute per provvedere, a sua volta, solo dopo immani sforzi, alla propria salvezza. Cielo di Cannet de Maures, 15 giugno 1940
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Menomato alla mano destra per precedente ferita riportata in combattimento, chiedeva di essere nuovamente destinato ad un reparto di impiego. Durante un'azione bellica, avuto l'apparecchio danneggiato seriamente dall'azione avversaria, anziché lanciarsi subito col paracadute, tentava di riportare il velivolo alla base e si lanciava solo quando veniva a trovarsi nell'impossibilità di perseguire lo scopo. Pur di rimanere in linea occultava una ferita prodottasi nel toccare terra. In successivo volo di ricerche di nostri piloti sperduti in zone desertiche, per lo scoppio di un cilindro, rimaneva gravemente ferito al viso. Incurante delle ferite guidava il secondo pilota che così poteva rientrare alla base, ove coadiuvava ad occuparsi dei dispersi, fino al suo trasporto all'ospedale. Con stoica fermezza subiva l'asportazione di un occhio. Cielo dell'Africa Settentrionale Italiana, giugno 1941-maggio 1942
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Abile pilota costante esempio di ardimento ed entusiasmo, partecipava a numerosi voli sul nemico distinguendosi particolarmente negli attacchi di bombardamento leggero e mitragliamento a volo rasente nei quali, noncurante la violenta reazione avversaria che colpiva l'apparecchio in più punti, infliggeva al nemico perdite rilevanti. Cielo di Anderley, 10 febbraio 1936-Cielo di Addis Abeba, 4 aprile 1936
  1. ^ Si trattava di 16 missioni di ricognizione e di 12 da bombardamento.
  2. ^ Insieme a Guzzi e Parodi avrebbe dovuto esserci come socio anche l'aviatore e commilitone Giovanni Ravelli, che però decedette in un incidente aereo nel corso del 1919. L’aquila d’oro ad ali spiegate che si vede su tutte le moto della Guzzi rappresenta la presenza eterna di Giovanni Ravelli nella società e fu adottata per espresso desiderio di Parodi e Guzzi.
  3. ^ Che nel 1936 cambiò la denominazione in Reale Unione Nazionale Aeronautica (RUNA).
  4. ^ Due membri dell'equipaggio del B.R.20 rimasero uccisi nell'azione.
  5. ^ Il suo comandante l'aveva proposto per la concessione della Medaglia d'oro al valor militare, che non fu accettata.
  1. ^ Mancini 1936, p.482.
  2. ^ Massimo Zamorani, Il pilota «lattuga» che fondò la Guzzi, Il Giornale, 18 agosto 2005.
  3. ^ a b c d e f g h i j Antonio Pannullo, Giorgio Parodi, l'asso dell'aviazione fascista che fondò la Moto Guzzi, Il Secolo d'Italia, Genova, 18 agosto 2015.
  4. ^ Lioy 1965, p. 43.
  5. ^ Lioy 1965, p. 76.
  6. ^ Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare 1977, p. 153.
  7. ^ Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare 1977, p. 154.
  8. ^ Ecco la nuova statua di Giorgio Parodi: l’inaugurazione con lo show delle Frecce Tricolori, su genova24.it. URL consultato il 29 maggio 2021.
  9. ^ Il genovese Giorgio Parodi vince l'avioraduno sahariano, in Le vie dell'aria, 9 giugno 1935.
  10. ^ a b c Gianni Perrone, Moto Guzzi 4 "La Romana", Moto Storiche - 12/1997, Editoriale C&C, Milano.
  11. ^ Associazione Arma Aeronautica Genova - Gruppo Ricerche Storiche - Giorgio Parodi Archiviato il 3 marzo 2016 in Internet Archive..
  • (EN) Chris Dunning, Combat Units od the Regia Aeronautica. Italia Air Force 1940-1943, Oxford, Oxford University Press, 1988, ISBN 1-871187-01-X.
  • Paolo Ferrari e Giancarlo Garello, L'Aeronautica italiana. Una storia del Novecento, Milano, Franco Angeli Storia, 2004, ISBN 88-464-5109-0.
  • Roberto Gentilli e Paolo Varriale, I Reparti dell'aviazione italiana nella Grande Guerra, Roma, Ufficio Storico dello Stato maggiore Aeronautica, 1999.
  • I Reparti dell'Aeronautica Militare Italiana, Roma, Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare, 1977.
  • Vincenzo Lioy, L'Italia in Africa. L'opera dell'Aeronautica. Eritrea Somalia Etiopia (1919-1937) Vol.2, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1965.
  • Luigi Mancini (a cura di), Grande Enciclopedia Aeronautica, Milano, Edizioni Aeronautica, 1936.
  • Mirko Molteni, L'aviazione italiana 1940-1945 – Azioni belliche e scelte operative, Bologna, Odoya, 2012, ISBN 978-88-6288-144-9.
Periodici
  • Fabio Mannu, La 5ª Squadra Aerea da El Alamein a Tunisi, in Aeronautica, n. 3, Roma, Associazione Arma Aeronautica, marzo 1999, pp. 16-17.
  • Antonio Pannullo, Giorgio Parodi, l'asso dell'aviazione fascista che fondò la Moto Guzzi, in Il Secolo d'Italia, Genova, 18 agosto 2015.
  • Ferdinando Pedriali, Biplani d'assalto in Africa Settentrionale, in Rivista Storica, n. 10, Roma, Coop. Giornalisti Storici a.r.l., novembre 1995, pp. 14-25.

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