59. Sì, eh? soggiunse l’Orco; fate motto!1
Voler ch’io entri dove son due cani?
Credi tu pur, ch’io sia così merlotto?
Se non gli cansi, ci verrò domani.
S’altro, dice il garzon, non ci è di rotto2,
Due picche te gli vo’ legar lontani.
E preso allora il suo guinzaglio in mano,
Legò in un canto Tebero e Giordano. 60. Poi disse: or via venite alla sicura.
Rispose l’Orco: io non verrò nè anco:
Guarda la gamba!3 perch’io ho paura
Di quella striscia ch’io ti veggo al fianco.
Allor Florian cavossi la cintura,
Ed impiattò la spada sotto un banco.
Disse l’Orco, vedutala riporre:
Io ti ringrazierei, ma non occorre. 61. E lasciata la forma di quel verro,
Presa l’antica e mostruosa faccia,
Con due catene saltò là di ferro,
E lo legò pel collo e per le braccia,
Dicendo: cacciatore, tu hai pres’erro:
Perchè, credendo di far preda in caccia,
Alfin non hai fatt’altro che una vescia,
Mentre il tutto è seguito alla rovescia.
↑St. 59 Fate mótto. Senti! Udite sproposito! (Nota transclusa da pagina 131)
↑Di rotto. Di guasto, di male. (Nota transclusa da pagina 131)
↑St. 60 Guarda la gamba.! Così gridavasi dai ragazzi all’avvicinarsi dei Toccatori o ministri del tribunale civile che portavano una calza d’un colore una d’un’altro: e gridavasi per avvertire il debitore sentenziato a pagare, che corresse a un luogo immune, dove l’ufiziale non potesse, toccandolo, intimargli il termine perentorio. Da ciò Guarda la gamba passò a significare Il cielo me ne liberi! o simile. (Nota transclusa da pagina 131)