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130 | Adolfo Albertazzi |
ciò che aveva imparato dai compagni a scuola, o s’inventava lui. Fin sapeva, Lucilio, perchè dalla «spina» del circo, la quale vi era la parte mediana ove sorgeva l’obelisco, erano stale tolte le statue della dea Tutelina e di Cibele assisa sul leone.
— Perchè? — Valentino chiedeva riflettendo dai begli occhi chiari meraviglie sempre piii improvvise e strane al suo pensiero.
— Perchè — rispondeva Lucilio — l’imperatore ha voluto il battesimo; è cristiano anche lui, come noi.
— E perchè Tutelina e Cibele non erano cristiane come noi?
E perchè questo? perchè quest’altro?
Il padre godeva a udirli cinguettare così. Ma quando Lucilio, il più grande, fu stanco di rispondere ciò che non sapeva e ciò che sapeva, tornò a insistere col padre che gli dicesse per chi parteggiava, per chi scommetterebbe.
— Io sto per i «rossi» — preveniva Valentino. — Me l’ha detto la mamma che vincerà Libanio.
— Libanio, è prasino, non rossato! — esclamò con sufficienza Lucilio. E soggiunse:
— Io credo che vinceranno gli azzurri. E tu, padre? Scommetti per loro! Se sapessi che cavalli hanno! Venuti d’Asia!
— No — ribatteva Valentino — , scommetti per il rosso, che è il colore più bello!