celta
celta
- (storia) Usato anche come aggettivo relazionale meno comune di celtico, è il singolare di Celti, antica popolazione indoeuropea della Gallia (odierna Francia), delle Isole Britanniche, dell'Italia settentrionale, della Spagna centrale e nordoccidentale, della Germania centrale, di alcune aree balcaniche e della Galazia, nell'odierna Turchia. Divisi convenzionalmente in "continentali" e "insulari" e formati da una costellazione di tribù, condividevano lingua, religione, costumi e tradizioni. Dopo aver sviluppato, a partire dalla tarda Età del bronzo, evolute forme di civiltà con la cultura di Hallstatt e aver raggiunto l'apice con la cultura di La Tène (V-I secolo a.C.), dal II secolo a.C. i Celti furono gradualmente inglobati nell'impero romano tranne che in Scozia e in Irlanda; si fusero con l'emergente potenza germanica e slava nei secoli successivi.
Voce dotta introdotta in italiano dal latino Cĕlta(m).
Il termine compare per la prima volta al plurale (Κελτοί) in un frammento del primo libro della Περιήγησις del logografo greco Ecateo di Mileto, risalente al 517 a.C. e riguardante popolazioni contermini alla colonia focese, cioè greca, di Massalia (l'odierna Marsiglia). Anche Erodoto utilizza il termine in riferimento alle tribù celtiche stabilite alle sorgenti del Danubio (nella famosa Hercynia Silva del De bello Gallico) e nell'Occidente europeo. In Aristotele si trova Κέλταί (la confusione tra ο e α è tipica del greco ionico-attico), ripreso anche da Plutarco. Il termine Celta (quasi sempre al plurale, Celtæ) entra in latino proprio dalla fonte erodotea e veniva utilizzato come sinonimo di Gallus per i Celti continentali principalmente della Gallia Celtica, mentre per i Celti cisalpini e iberici i Romani preferivano usare Galli (si trovano, per l'Iberia, anche le parole Gallæci e Celtiberi, in riferimento, rispettivamente, alle tribù nordoccidentali e centrali); per i Celti insulari il termine scelto era Britanni, da diversa radice, mentre gli anatolici Galatæ (dal greco Γαλάται) derivavano il loro nome molto probabilmente dalla stessa radice di Galli.
Κελτοί è di origine incerta. Gli studiosi credono che possa essere autoctono, e quindi proprio solo di alcune tribù a partire dalle quali, successivamente, si sarebbe esteso per inglobare tutte le nazioni affini, o creato dai Greci e adottato dai Celti per autodefinirsi trascendendo le annose scissioni tribali. Giulio Cesare, nel proemio del De bello Gallico, afferma che coloro che i Romani chiamano Galli nella loro lingua si autodefiniscono Celtæ; Strabone, nel libro dedicato alla Gallia e all'Iberia all'interno delle Γεωγραφικά, cita i termini Gallus e Galata e dice che Celtica è un sinonimo di Gallia, tuttavia aggiunge che Celtiberi e Celtici si trovano in Iberia e sono etnicamente distinti dai Lusitani e dagli Iberi; Plinio il Vecchio informa che Celtici è un epiteto delle tribù della Lusitania, notizia comprovata da ritrovamenti epigrafici in Portogallo e nell'Estremadura (e ciò porta a chiedersi se i Lusitani fossero Celti o un'etnia autonoma).
Il latino Gallus sembra un prestito dal nome di una tribù o una confederazione di esse al tempo dell'espansione celtica in Italia (VI-IV secolo a.C.), la cui radice dovrebbe essere quella protoceltica *gal-no, cioè "potenza, forza" (di cui troviamo discendenti nell'irlandese gal "valore, furia" e nel gallese gallu "potere, essere capace di"), mentre Gallæci e Galatæ/Γαλάται sembrano derivare uno dalla radice *gal- con suffisso greco-latino (gr. Καλλαικοί), l'altro dal protoceltico *gal-to, con diversa estensione della stessa radice ed epentesi di α.
Per quanto riguarda il termine Κελτοί ci sono diverse radici proposte: PIE *ḱel- "nascondere, custodire" (come nell'antico irlandese ceilid); PIE *ḱel- "infiammare, scaldare", in riferimento forse alla bellicosità o alla sviluppata oreficeria; PIE *kelh₁- "incitare, chiamare", forse per il frequente uso di trombe o carnyx in battaglia; PIE *kelH- "alzare, essere elevato", forse in relazione alla notevole statura dei Celti o alla loro abitudine di costruire fortezze in luoghi elevati. Poiché molte delle radici proposte attribuiscono ai Celti caratteristiche positive, sembra più probabile che i nomi derivati si siano originati in seno ai Celti e non siano stati affibbiati dall'esterno.
In sintesi...
La radice più probabile sembra ad ogni modo essere PIE *kelh₂-, col significato di "colpire, rompere": a sostegno di questa tesi, oltre al medio irlandese cellach "conflitto, scontro", si possono citare la radice post-IE *kellāko- "contesa, guerra"; il teonimo gallico Su-cellos ("buon colpitore", nome della divinità celtica dell'agricoltura, delle foreste e delle bevande alcoliche); la radice protoceltica *klad-ye-ti "combattere, pugnalare" (da cui l'irlandese claidh e il gallese claddu; il latino gladius è dal gallico *kladyos, termine derivato dal protoceltico *kladiwos, formato da *kladyeti + *-wos), la cui prima parte PIE *kl̥(dʰ)- può, attraverso la sonorizzazione di *k- in *g- (testimoniata dall'oscillazione kel-/gal-) e la metatesi di *-a-, frutto dell'evoluzione della sonante *-l̥- (ottenuta dal grado zero della radice *kel-) in *-la-, connettere sia la radice di Galli che quella di Celtæ, anche perché Galli/Galatæ sembra esito più recente di Celtæ (confermando il passaggio linguistico) e può essere stato nome di alcune tribù più vicine al mondo greco-romano (i Galli erano innanzitutto i Celti d'Italia e di Brenno contro cui i Romani combatterono agli inizi, mentre i Γαλάται erano le ondate che i Greci avevano contrastato nel periodo ellenistico ed i gruppi che avevano dato origine al regno di Tylis e al regno della Galazia). In conclusione, non si conosce realmente l'endoetnonimo con cui i Celti erano soliti chiamarsi in quanto popolo unito sotto l'aspetto linguistico, culturale, etnico e sociale, e nemmeno se avessero una coscienza nazionale e un etnonimo dedicato alla loro totalità.
- AA.VV., Vocabolario Treccani edizione online su treccani.it, Istituto dell'Enciclopedia Italiana