Savari
Savari erano truppe coloniali a cavallo, appartenenti all'esercito del Regno d'Italia in Libia.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La parola "Savari" viene dall'arabo sāwārī (cavalieri)[1].
Erano una specialità coloniale libica di cavalleria regolare di linea, organizzata come quella nazionale in squadroni e gruppi squadroni, differenziandosi per questi motivi degli spahis, che erano un corpo di cavalleria irregolare leggera[2]. Erano montati su cavalli locali, piccoli ma veloci e resistentissimi[1]. Erano diretti da ufficiali nazionali del Regio Esercito, mentre i libici potevano arrivare al grado di sciumbasci capo, corrispondente al maresciallo aiutante.
I Savari fecero parte del Regio Corpo Truppe Coloniali della Libia dal 1912 al 1943. Il 5º Squadrone savari fu costituito il 1912 a Bengasi, seguito l'anno successivo dal 1º, 2º e 3º Squadrone a Tripoli. Nell'ordinamento del 1928 il RCTC della Tripolitania schierava 7 squadroni e quello della Cirenaica 5 squadroni. Largamente impiegati nella riconquista della Tripolitania e specialmente della Cirenaica e del Fezzan negli anni trenta, i savari ricevettero tre Croci di guerra al V.M. per le azioni di el-Azizia, Zadio, Sid Es-Saiah, Tarhuna, Umm el Giuabi, Umm Mela, Bir Sciuref, Uadi Bu Taga. In quest'ultima azione furono proprio i savari a catturare il capo dei ribelli Omar al-Mukhtar.
All'inizio della seconda guerra mondiale le truppe coloniali libiche assommavano a circa 28000 soldati, dei quali oltre un migliaio erano Savari. I Savari soffrirono gravi perdite nell'Operazione Compass nel dicembre 1940 e successivamente fecero principalmente servizio di pattugliamento a cavallo nell'interno della Libia. Si distinsero nel contrastare le incursioni del Long Range Desert Group e dei francesi del generale Leclerc, difendendo le oasi di Ghat e Gadames nel 1941-1942. Nel gennaio 1943 il II Gruppo squadroni, inserito nel Settore di copertura di Zuara della Guardia alla frontiera[3], si distinse in azioni contro fortini di frontiera della Francia libera e nella protezione del fianco sinistro delle truppe italiane durante la ritirata verso la Tunisia.
I Savari furono disattivati e finirono le loro attività belliche nel gennaio 1943, dopo il ritiro delle forze militari italiane dalla Libia.
Uniforme, equipaggiamento e gradi
[modifica | modifica wikitesto]L'uniforme e l'equipaggiamento dei Savari venne definito dall'ordine del giorno del 24 dicembre 1912. Come per gli àscari eritrei, ciascun reparto si distinguevano dai colori e dai motivi della fascia-distintivo di stoffa portata in vita[4], che riproducevano quello dello stendardo. Seppur con varie modifiche nel corso del tempo, i tratti distintivi dell'uniforme Savari erano la tachia[5]) di feltro rosso granata con fiocco azzurro, sotto-tachia[5] bianca e la farmula[6]; questa era il tradizionale gilet con cordoncino, chiuso anteriormente da due alamari dello stesso cordoncino; il colore del panno e del cordoncino identificavano il reparto[7][4]. Il fregio della cavalleria coloniale sul fez era quello dei palafrenieri, con cornetta, lance incrociate e fiamma; nel tondino il numero dello squadrone. L'armamento era costituito dal moschetto Mod. 91 da cavalleria con bandoliere in cuoio naturale Mod. 07 e Mod. 97 e dalla sciabola da cavalleria Mod. 71.
Fino al 1937 la gerarchia dei gradi era quella comune a tutte le truppe coloniali italiane. Il personale libico poteva arrivare fino al grado di sciumbasci capo, corrispondente al maresciallo aiutante. Dal 1939, quando la colonia libica divenne a tutti gli effetti territorio nazionale, con le provincie di Tripoli e di Bengasi, il personale militare libico si fregiò delle stellette e la gerarchia venne equiparata a quella nazionale, con particolari galloni per i gradi compresi tra soldato scelto libico ad aiutante libico[8].
Curiosità
[modifica | modifica wikitesto]Amedeo Guillet comandò un gruppo di Savari, il 7º Squadrone Savari, nel 1937 e con essi partecipò alle celebrazioni[9] legate alla dichiarazione di Mussolini di essere la Spada dell'Islam[10] (ma, deluso dalla mancata promozione al grado di capitano promessagli dal generale Frusci al suo rientro dalla guerra di Spagna, chiese subito trasferimento in Eritrea).
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Savari, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 novembre 2018.
- ^ Spahis, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 novembre 2018.
- ^ OdB: Guardia alla Frontiera nel 1940, su xoomer.virgilio.it. URL consultato il 6 novembre 2018.
- ^ a b Fasce e farmule dei vari reparti, su museocavalleria.it, Museo della Cavalleria di Pinerolo (TO). URL consultato il 6 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
- ^ a b tachia, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 novembre 2018.
- ^ Gli ascari di Dino Panzera - raccolta unica di uniformi, fasce distintive e gagliardetti dei RCTC, su scribd.com. URL consultato il 6 novembre 2018.
- ^ Uniformi truppe coloniali, su regioesercito.it. URL consultato il 6 novembre 2018.
- ^ Uniformi della cavalleria libica - tavole di Alberto Parducci, su albertoparducci.it. URL consultato il 6 novembre 2018.
- ^ Video con immagini dei Savari (alla fine del filmato), su archivioluce.com, Archivio dell'Istituto Luce. URL consultato il 6 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 ottobre 2015).
- ^ (EN) Guillet ed i Savari, su comandosupremo.com. URL consultato il 6 novembre 2018 (archiviato dall'url originale il 14 marzo 2016).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Hellen Chapin Metz, Libya: A Country Study, Washington, GPO for the Library of Congress, 1987.
- Angelo Del Boca, Gli italiani in Libia. Vol. 1: Tripoli bel suol d'Amore, Milano, Mondadori, 1997.
- Paolo Marzetti, Uniformi e Distintivi dell'Esercito Italiano 1933-1945, Tuttostoria, 1981.