Icaro (Palazzo Davanzati)
Icaro | |
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Il dipinto di Icaro con la sua cornice all'inventario 1890 n. 9282 | |
Autore | Andrea del Sarto o Franciabigio (attr.) |
Data | 1506-1508 circa |
Tecnica | olio su tavola |
Dimensioni | 31×24 cm |
Ubicazione | Palazzo Davanzati, Firenze |
Icaro è un'opera a olio su tavola attribuita all'artista italiano Andrea del Sarto o alternativamente al Franciabigio e già attribuita in passato a Francesco Granacci.[1] Oggi l'opera è custodita nella collezione di Palazzo Davanzati a Firenze (Italia).[1]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]L'opera è datata tra il 1506 e il 1508 circa e dalle dimensioni ridotte è intuibile l'esecuzione per una committenza privata.[1] Altra datazione la vuole eseguita tra il 1507 e il 1508 circa.[2]
La fonte iconografica dev'essere ricercata in quella che era la collezione di antichi cammei della famiglia Medici, nella quale uno in particolare di età augustea ha lo stesso tema e pressoché la stessa conformazione generale ed oggi è custodito nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN).[1][2] Lo stesso cammeo dev'essere stato certamente utilizzato per realizzare uno dei bassorilievi del cortile di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, parte di una serie di tondi scultorei di Bertoldo di Giovanni tratti proprio da cammei medicei.[1]
Per quanto riguarda l'autore di quest'opera, la realizzazione era già stata assegnata in passato a Francesco Granacci, mentre da ricerche più recenti è stata attribuita dalla critica alla mano di Franciabigio o alternativamente, con maggiore probabilità, a quella di Andrea del Sarto, poiché questi due artisti condivisero per un periodo la stessa bottega e collaborarono insieme ad alcune opere.[1]
L'attribuzione al Granacci risale al 1951, mentre quella al giovane Andrea del Sarto è stata assegnata da David Freedberg, che è stato seguito da Passavant nel 1964, Monti nel 1965, Von Holst nel 1971, McKillop nel 1974 e Carmignani nel 1979.[2] Invece, John Shearman ha escluso quest'opera dal corpus del Sarto e Antonio Natali ha alternativamente proposto l'attribuzione al Franciabigio.[2] Ma l'Angelini ha invece riproposto l'attribuzione al giovane Sarto, venendo confermata per tutti dal 1986.[2] Recentemente però, dal 2001, sembrerebbe accolta l'attribuzione al Franciabigio.[2]
L'opera è entrata nelle collezioni di Palazzo Davanzati il 2 dicembre 1982, come proprietà dello Stato Italiano.[2]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]L'opera è un dipinto a olio su tavola che misura 31 cm in altezza e 24 cm in lunghezza.[1][2]
La scena rappresentata si svolge sotto un cielo azzurro striato di rosa e in un ambiente naturale che, da sinistra a destra, passa da un bosco rigoglioso a una plaga piatta.
Al centro della composizione, posto su un piedistallo, c'è Icaro, completamente nudo, in posizione di contrapposto e ha attaccate dietro schiena un paio di ali spiegate. Il giovane è accompagnato a sinistra dal padre Dedalo, l'uomo barbuto che lo trattiene per il braccio destro abbassato, mentre a destra c'è una donna (Pasifae? o Naucrate?)[1][2], che invece lo tiene per il braccio sinistro alzato e lo assicura a una delle ali.
Secondo la critica, proposto da Antonio Natoli nel 1986, l'autore di questo dipinto ha modificato il mito per creare una contrapposizione tra vizio e virtù, impersonificati rispettivamente da colui che vuole trattenere l'uomo verso il basso e invece chi vuole spingerlo in alto, a spiccare il volo, ad elevarsi.[1][2] Ad unirsi a questa interpretazione c'è anche l'ambiente circostante, dove il bosco rappresenta il locus amoenus del piacere, mentre la pianura la sede delle virtù.[1]