Abu al-Khayr Khan

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Abu al-Khayr Khan
Khan del Khanato uzbeko
In carica1428 –
1468
Incoronazione1428
SuccessoreSheikh Haidar
Nascita1412
Morte1488
Casa realeBorjigin
DinastiaShaybanidi
PadreDavlat Sheikh
ConsorteRabiya Sultan Begim
FigliKuchkunji Khan, Suyonchkhodja Khan, Shaikh-Khaidar, Xah Budah Sultan
ReligioneIslam

Abu al-Khayr Khan (in arabo ابوالخير?; 14121468) è stato un politico uzbeko, khan del Khanato uzbeko e discendente di Shibani Khan, ultimo figlio di Joci.

Abu al-Khayr Khan prestò inizialmente servizio per Barak Khan, un altro discendente shaybanide che morì in una rivolta. Venne quindi fatto prigioniero e liberato poco dopo, quindi all'età di 17 anni fondò un khanato nel territorio di Tura, in Siberia. Dopo aver sottomesso un khanato di un altro discendente di Joci, conquistò i territori dei kipčaki.[1]

Nel 1430 conquistò l'Impero corasmio e saccheggiò la sua capitale Kunya-Urgench, ma poco dopo abbandonò questi territori. Dopo aver sconfitto altri due principi, sottomise la città di Urdu Bazar e per breve tempo si appropriò del trono di Sayin Khan. Poco prima della morte di Shah Rukh consolidò il suo potere assediando le roccaforti di Sighnaq, Arkuk, Sozak e Ak-Kurghand Uzkand situate presso il Syr Darya.[1]

Sighnaq divenne la capitale di questo territorio, che non si espanse mai per tutto il regno di Abu al-Khayr Khan, tranne che per qualche saccheggio a Bukhara e a Samarcanda. Di quest'ultima città era il khan Abdullah, che venne sconfitto da Abu al-Khayr Khan, il quale come ricompensa ricevette in sposa Rabiya Sultan Begim, figlia di Uluğ Bek.[1]

Dopo alcune sconfitte da parte dei timuridi e dei calmucchi, la potenza del khanato andò in declino e gli abitanti della steppa, che presero il nome di kazaki, si dichiararono indipendenti.[1]

Abu al-Khayr Khan morì nel 1468. Il suo dominio sarebbe stato poi restaurato dal nipote Muhammad Shaybani.[1]

  1. ^ a b c d e (EN) W. Barthold, Abu ’l-K̲h̲ayr, in Encyclopaedia of Islam, Second Edition, Brill, 24 aprile 2012. URL consultato il 16 gennaio 2024.

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]