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I reperti in vetro

2024, La necropoli di età romana di Lovere (BG). Una comunità sulle sponde del Sebino

gli unici che ci permettono di identificare la forma, genericamente Is. 82b1, e più in particolare DT 71/72 e DT 43 6 , sono databili nella seconda metà del I sec. d.C. (tav. I, 1-5). Frammenti di piccoli orli svasati e con bordo solo ingrossato o ripiegati a cordoncino non ci permettono di risalire a una forma, anche se i primi sono da attribuire a oggetti di piccole dimensioni, mentre gli altri, che hanno diametri intorno a 3 cm, potrebbero essere pertinenti a esemplari più grandi. Alcune pareti o frammenti bruciati in vetro di colori intensi, blu e giallo ambra (t. 40, US 166; t. 56, US 281; t. 64; t. 119 blu con gocce bianche) richiamano esemplari globulari o piriformi (genericamente tipi Is. 6, 26) (fig. ). Nonostante le colorazioni, non si tratta di oggetti di pregio, ma di prodotti piuttosto correnti, realizzati in grandi quantità per il commercio al minuto di essenze destinate alle funzioni rituali, e spesso monouso. Sono anche tra gli oggetti vitrei più antichi attestati nel sito in quanto diffusi tra l'età augustea e l'età neroniana 7 . Forse una piccola costolatura rimane sul frammento blu della t. 64 (forma Is. 26) (fig. ). Infine, le rugosità presenti sul frammento deformato della t. 40, US 166 (da contesto precedente la sepoltura) (fig. ), apparentemente non dovute al fuoco, potrebbero indicare un esemplare soffiato a stampo in forma di dattero (forma Is. 78d), contenitori di I sec. d.C. che si ipotizza fossero prodotti sulla costa fenicia per commercializzare qualche olio profumato, forse ricavato proprio dal frutto rappresentato 8 . Il piccolo ammasso fuso di colore blu e bianco opachi dalla stessa US 166 rientra tra le pochissime testimonianze di vetro policromo (fig. ). La forma Is. 16, quasi una bottiglia, databile tra secondo quarto e fine del I sec. d.C., è rappresentata da frammenti, tra cui parte del collo con spalla sfuggente, in vetro azzurro chiaro, dalla t. 64 (tav. II, 1), e da un esemplare di dimensioni più piccole, da US 496 (t. 114). Tra gli esemplari di dimensioni maggiori ha un posto di rilievo il pezzo facente parte del corredo della t. 3 (tav. II, 2), riferibile alla forma Is. 82b2/DT 31: alto 18,8 cm, presenta ventre campaniforme, senza strozzatura alla base del lungo collo; sul fondo, concavo per l'impressione dello stampo, si identifica un bollo a rilievo, anepigrafo, con un motivo fitomorfo, costituito da un ramo di palma (?) tra volute (figg. 4-5). Le due inferiori si dipartono dalla base del ramo, due a C uniscono le volute inferiori con la cima del ramo, sormontate da altre due accoppiate, meno leggibili sono altre poste all'esterno di questa composizione, anche per la posizione leggermente decentrata dell'impressione rispetto al fondo. Come evidenzia Luigi Taborelli 9 , la composizione delle volute "disposte specularmente" ai lati dell'elemento fitomorfo centrale ha l'esito di evidenziare tale elemento, nel quale si deve probabilmente vedere la stilizzazione di una particolare essenza vegetale, legata forse all'aroma contenuto nel vaso. Si tratta di un bollo già conosciuto, attestato in diverse località sia della Transpadana occidentale (Torino 10 e Pollenzo (CN) 11 ) sia dell'area gardesana (Arco (TN) 12 e Mezzariva di Bardolino (VR) 13 ); a Cavriana (MN) 14 e a Verona, necropoli di Porta Palio 15 ; la segnalazione più meridionale è a Urbino 16 . Un esemplare è noto anche nel Nord Renania-Westfalia 17 . Questa forma di balsamari si afferma nella seconda metà del II -inizi III sec. soprattutto in Italia centro-settentrionale; la presenza su alcuni di essi dei marchi VEC(TIGAL) MONOPOLIUM P(ATRIMONI) IMP(ERATORIS) CAES(ARIS) M(ARCI) ANTONINI disposto attorno al monogramma RAVENNA e PATRIMONI [F(ISCI)] RATIONIS/REG(IONIS) RAVEN(NATIUM), sembra testimoniare una produzione nel territorio ravennate, probabilmente in relazione alla presenza di fondi di proprietà imperiale -at-6 Per i riferimenti tipologici cfr.

STUDI 2 LA NECROPOLI DI ETÀ ROMANA DI LOVERE (BG) UNA COMUNITÀ SULLE SPONDE DEL SEBINO A CURA DI MARIA FORTUNATI Comune di Lovere Il volume nasce dalla collaborazione della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e del Comune di Lovere ed è stato realizzato grazie al patrocinio di Regione Lombardia e al contributo del Comune di Lovere. Scavi archeologici: direzione scientifica: Maria Fortunati, Soprintendenza Archeologica della Lombardia; direzione tecnica: SAP Società Archeologica s.r.l.; Fabrizio Canobbio, Angelo Zanella. Restauri: Annalisa Gasparetto; Antonella Di Giovanni; Elisabetta Lantos; Annalisa Parenti; Rossella Peri; Liliana Morlacchi; Studio Restauri Formica s.r.l.; Serena Spadavecchia. Disegni dei materiali: Fulvia Butti; Rosa Distefano; Sabina Carletti Marceca; Chiara Ficini; Francesca Roncoroni; Paolo Rondini (Archivio Disegni Soprintendenza). Ove non specificato in didascalia, i disegni dei materiali (scavi 1996 e 2015) sono di Chiara Ficini. Lucidatura dei disegni: Chiara Ficini; Mimosa Ravaglia; Francesca Roncoroni; Paolo Rondini. Tavole e rilievi di scavo: Francesca Benetti per SAP Società Archeologica s.r.l.; Chiara Ficini; Emiliano Garatti; Alessandro Pace; Paolo Rondini. Fotografie dei materiali: Luciano Caldera e Luigi Monopoli (Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio, Varese); Studio Restauri Formica s.r.l.; Luca Viganò; Marina Castoldi; Chiara Ficini; Alessandro Pace; Paolo Rondini. Ove non specificato in didascalia, le fotografie dei materiali sono di Luciano Caldera e Luigi Monopoli. Analisi archeometriche sulle gemme: Danilo Bersani, Lorenzo Pasetti Dipartimento di Scienze Matematiche, Fisiche e Informatiche, Università degli Studi di Parma; Stefania Martiniello, Università di Roma La Sapienza; Vincenzo Palleschi e Simona Raneri, ICCOM-CNR, Pisa. Radiografie: Marco Gargano, Dipartimento di Fisica, Sezione di Fisica per l’Ambiente e i Beni Culturali, Università degli Studi di Milano; Studio Restauri Formica s.r.l. Ringraziamenti: Marco Albertario; Walter Basile; Biblioteca del Museo Civico di Como Paolo Giovio; Luciano Caldera; Stefania Casini; Luciano Collabolletta; Grazia Maria Facchinetti; Annalisa Gasparetto; Giovanni Guizzetti; Sara Loreto; Maria Elisabetta Manca; Sara Matilde Masseroli; Luigi Monopoli; Raffaella Poggiani Keller; Anna Provenzali; Daniele Salvoldi; Eliana Sedini; Giuseppe Stolfi; Padre Sergio Tucci; Andrea Zandonai. Francesca Benetti e Agostino Favaro per la cura, la pazienza e la fattiva collaborazione dedicate alla redazione del volume. La riproduzione delle immagini di questo volume, ove non diversamente specificato, è sottoposta ad autorizzazione da parte del MIC e regolamentata dalla normativa specifica del settore dei Beni Culturali. La responsabilità di quanto pubblicato nei testi, nonché di eventuali errori e omissioni, rimane esclusivamente degli Autori. In copertina: fronte: corredo della t. 72; retro: una fase dello scavo; bottiglia in vetro dal corredo della t. 3; lucerna dalla t. 135; anello in argento con pasta vitrea in corso di scavo; t. 119 in corso di scavo; sesterzio dalla t. 27; casseruola con manico dal correto della t. 24; panoramica dello scavo. Redazione, impostazione grafica, impaginazione: Francesca Benetti - SAP Società Archeologica s.r.l. © SAP Società Archeologica s.r.l. Strada Fienili, 39a - 46020 Quingentole (Mantova) www.saplibri.it | www.archeologica.it ISBN: 978-88-99547-91-2 Questa pubblicazione è dedicata alla memoria di don Gino Angelico Scalzi, Soprintendente a vita dell’Accademia di Belle Arti Tadini e Ispettore Onorario della Soprintendenza e di Filippo Maria Gambari, Soprintendente Archeologo della Lombardia indice 9 Presentazione Luca Rinaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia 10 Presentazione Federico Romani, Presidente del Consiglio Regionale 11 Presentazione Alex Pennacchio, Sindaco del Comune di Lovere 13 Introduzione Maria Fortunati 15 La necropoli romana di Lovere, ultimo atto: una storia da raccontare Giovanni Guizzetti Sezione 1. La tutela del territorio: due figure loveresi 29 Don Gino Angelico Scalzi. Arte e cultura a servizio del territorio Roberto Forcella 33 Giovanni Silini: una figura chiave nella storia della necropoli Giulio Orazio Bravi Sezione 2. Il territorio 37 Dall’abitato sul colle agli approdi sul Sebino. L’età preistorica e protostorica nel circondario di Lovere Raffaella Poggiani Keller, Paolo Rondini 47 Per una storia di Lovere antica: una riflessione sul metodo Alberto Barzanò 49 Il culto di Minerva Marina Vavassori 55 Ipotesi e spunti di riflessione sulla viabilità di età romana a Lovere Francesco Macario Sezione 3. La necropoli: i rinvenimenti tra il XVIII e il XXI secolo 65 Considerazioni geomorfologiche Marco Redaelli 67 Le vicende dei ritrovamenti della necropoli di Lovere sino alla prima metà del XX secolo Gabriele Medolago 87 Da raccolta privata a bene pubblico: la collezione Bazzini del Civico Museo Archeologico di Milano Anna Provenzali, Sara Loreto 88 93 Box: La coppa di Lovere Stefanie Martin-Kilcher Gli scavi del 1957, 1973 e 1996 Chiara Ficini 97 La campagna di scavo 2015 Maria Fortunati, Emiliano Garatti 137 La litologia dei recinti funerari Marco Redaelli 141 Bolli, contrassegni e impronte su tegole Marina Vavassori Sezione 4. I materiali 149 La necropoli di Lovere tra passato e tradizione: preesistenze ed elementi di continuità dalla protostoria Raffaella Poggiani Keller 161 Le ceramiche: obiettivi, metodo, limiti Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 163 La ceramica a pareti sottili Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 195 La terra sigillata norditalica decorata a matrice Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 199 La ceramica invetriata di età alto imperiale Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 205 La terra sigillata Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 227 La ceramica comune Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 323 La ceramica invetriata di età tardo antica Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 341 Le anfore Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 347 Le lucerne Chiara Ficini, Gabriella Tassinari 361 I graffiti sulla ceramica Marina Vavassori 365 Ornamenti ed elementi per l’abbigliamento e la toilette Fulvia Butti 419 Le testimonianze glittiche Gabriella Tassinari 445 Recipienti, insegne e instrumenta in bronzo Marina Castoldi 461 Gli strumenti in ferro e in piombo Federica Grossi 479 I coltelli tipo Lovere Francesca Roncoroni 485 Sebini lacus aleatores? Alcune osservazioni sui dadi Alessandro Pace 491 I reperti in vetro Marina Uboldi 527 Le monete da Lovere Ermanno A. Arslan 539 I ‘valori simbolici’ della moneta nelle tombe loveresi dallo scavo del 2015 Federica Guidi 545 Il restauro degli oggetti Vittoria Castoldi Sezione 5. Le analisi archeobiologiche 549 La necropoli di Lovere via Martinoli: le offerte alimentari e i legni della pira Elisabetta Castiglioni, Michela Cottini, Mauro Rottoli 563 Primi risultati delle indagini osteologiche sulla popolazione di Lovere Alessandra Mazzucchi, Silvia Zito, Antonella Cristiani, Edoardo Olmo Puricelli, Filippo Di Marco, Roberto Taglioretti, Cristina Cattaneo 575 Un volto dal popolo: ricostruzione facciale di un antico abitante di Lovere Davide Porta, Lucrezia Rodella, Marta Mondellini, Cristina Cattaneo 581 Il ruolo dell’animale nel rituale funebre a Lovere. Il contributo delle analisi archeozoologiche Mirko Fecchio Sezione 6. Dopo la necropoli 589 Dalla necropoli alla topografia cristiana di Lovere. L’area nord-orientale Monica Ibsen 597 Un cenno conclusivo Maria Fortunati 599 Bibliografia a cura di Gabriella Tassinari La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 4.18 491 I REPERTI IN VETRO MARINA UBOLDI Il vasellame vitreo che verrà qui esaminato proviene dai diversi ritrovamenti e interventi di scavo che si sono succeduti nell’area della necropoli. Il rinvenimento più eclatante anche per quanto riguarda i vetri fu quello del 1907, descritto da G. Patroni, che ha portato all’acquisizione del gruppo di materiali integri conservati presso il Civico Museo Archeologico di Milano1. I ritrovamenti del 1957 e del 1973 hanno restituito un numero limitato di manufatti in vetro2. Delle 27 sepolture individuate nel 19963 solo due incinerazioni hanno dato reperti vitrei pertinenti al corredo funerario (tt. 1 e 2); appartengono invece all’ornamento dei defunti sepolti le perle delle tt. 5 e 24, inumazioni di adulti di sesso femminile, e delle tt. 9/4 e 17, infantili; due bicchieri di forma Is. 106, tipica del IV sec. d.C. provengono dai corredi della t. 9/3 e di un’altra sepoltura non scavata (sez. E/T). La presenza di vetri combusti e fusi testimonia la pratica di bruciare sostanze aromatiche per motivi rituali e coprire le esalazioni del rogo funebre, deponendo sulla pira tutti interi i piccoli recipienti che le contenevano, tra questi materiali fusi si identificano però anche alcune coppette, probabilmente destinate ad offerte alimentari connesse con le pratiche di banchetto funebre ad accompagnamento della cremazione (figg. 1-2). Anche nell’US 101, che copriva l’area della necropoli, si sono raccolti diversi frammenti pertinenti alle stesse forme attestate nelle sepolture. Fig. 1. Balsamario e orlo di recipiente fusi sul rogo, da t. 3. Fig. 2. Orlo di coppa e frammenti vari di vetro fusi sul rogo, da t. 24. 1 PATRONI 1908; sulla coerenza delle associazioni dei materiali vitrei indicate al momento dello scavo, si veda ROFFIA 1993, pp. 30-31; sui ritrovamenti del 1907 e precedenti, in particolare la tomba del 1819, cfr. MEDOLAGO in questo volume. Dei vetri elencati da Patroni man- cano quattro piccoli balsamari, i “frammenti di una grossa urna” e “alcuni globuli di pastiglia variegata […] per collana”. 2 FORTUNATI ZUCCÀLA 1986a; FICINI 2012-2013. 3 FICINI 2015-2016. 492 I reperti in vetro| Marina Uboldi Questi dati ci permettono di introdurre l’aspetto più problematico dei reperti, che risultano estremamente frammentari e in giaciture rimaneggiate a causa dello sviluppo verticale della necropoli, dove le tombe si sono susseguite per alcuni secoli nello stesso spazio, continuamente riutilizzato, con asportazioni e risistemazioni del terreno, che hanno prodotto una situazione deposizionale di difficile interpretazione (cfr. FORTUNATI, GARATTI). Tale condizione è emersa con evidenza negli scavi del 2015, nei quali la lettura stratigrafica, anche se condotta con metodologia raffinata, non permette sempre di risolvere i problemi di una residualità molto alta ma non immediatamente identificabile. Come anche per gli altri tipi di vasellame, ma a maggior ragione per il vetro, soggetto a una più forte frammentazione, è risultato quindi a volte difficile valutare l’appartenenza o meno di alcuni recipienti ai corredi. La presenza di numerosi frammenti vitrei nei riempimenti delle sepolture testimonia comunque l’uso di recipienti in vetro ad accompagnamento dei defunti, anche se gli oggetti rinvenuti in un contesto che li identifica con certezza come pertinenti al corredo sono in numero piuttosto limitato. Il corredo che ha dato vasellame vitreo in buono stato di conservazione è praticamente solo quello della t. 3, comprendente due bottiglie a corpo quadrato, una coppetta, un bicchiere di forma Is. 85b e un grande balsamario con bollo sul fondo, due recipienti, gli ultimi citati, che confermano la datazione alla seconda metà del II secolo fornita dalle monete e dal materiale ceramico. Nonostante le difficoltà di analisi dovute alla frammentarietà dei pezzi, il numero di recipienti identificati offre un importante dato relativo alla diffusione del vetro presso la comunità che faceva capo alla necropoli di Lovere, con particolare riferimento all’età primo e medio imperiale, mentre decisamente meno numerose sono le forme di IV secolo, rappresentate solo dalla forma potoria Is. 96/Is. 106. Sono presenti circa 30 diverse forme, alcune con un solo esemplare, ed è il caso degli oggetti più particolari, di maggior raffinatezza (come la brocchetta con decoro a filamento), o meno comuni (la piccola bottiglia esagonale), o di probabile importazione da altre regioni (la bottiglia a ventre ribassato e filamento applicato sul collo o la coppetta soffiata a stampo). Le forme che hanno maggior diffusione sono le bottiglie a corpo quadrato e le piccole forme aperte, coppette e piattini. Un caso particolare è costituito dal gruppo delle olpi a corpo conico Is. 55a che sembrano avere goduto di grande popolarità nelle necropoli dell’Italia settentrionale nella seconda metà del I sec. d.C. Sembra in genere predominare la funzione legata alla mescita di liquidi, ma raramente in associazione con recipienti potori, forse perché i bicchieri vitrei erano sostituiti da contenitori ceramici di analogo utilizzo. I balsamari e contenitori per aromata non sono numerosi e si collegano per lo più ai riti incineratori: alcuni frammenti fusi dal rogo in vetro colorato sono infatti tra le forme più antiche qui identificate. Di particolare interesse però anche i tre grandi balsamari di II secolo, che possono rispecchiare una particolare predilezione per prodotti di pregio diffusi sul mercato nella media età imperiale. 1. RECIPIENTI VITREI 1.1. Balsamari Utilizzati come contenitori per aromi, medicamenti e cosmetici, strettamente collegati con il rito della cremazione4, i balsamari rinvenuti non sono particolarmente numerosi, di cui solo 4 in giacitura primaria all’interno del corredo. Si segnala anche la presenza di pezzi combusti, che hanno subito la vicinanza del rogo funebre e sembrano derivare dalla dispersione di terra di rogo o dal rimaneggiamento di sepolture in cui erano stati inseriti con la raccolta delle ceneri. Piccoli Balsamari tubolari e piriformi con lungo collo sono presenti nelle cremazioni t. 17/1973, tt. 24 e 31 del 2015 e nel riempimento della t. 56, US 281, oltre ad un esemplare dai ritrovamenti del 19075. Questi esemplari, 4 Una sintesi sull’uso dei profumi e dei balsamari in GABUCCI 1997, pp. 471-475. 5 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1194; ROFFIA 1993, cat. 250. La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 1 3 2 4-5 6 Fig. 3. Balsamari in vetro di colori intensi, alcuni fusi sul rogo: 1. t. 56/US 281; 2. T. 64; 3-6, t. 40. 1 2 4 3 5 Tav. I. Balsamari piccoli (scala 1:3). 493 494 I reperti in vetro| Marina Uboldi gli unici che ci permettono di identificare la forma, genericamente Is. 82b1, e più in particolare DT 71/72 e DT 436, sono databili nella seconda metà del I sec. d.C. (tav. I, 1-5). Frammenti di piccoli orli svasati e con bordo solo ingrossato o ripiegati a cordoncino non ci permettono di risalire a una forma, anche se i primi sono da attribuire a oggetti di piccole dimensioni, mentre gli altri, che hanno diametri intorno a 3 cm, potrebbero essere pertinenti a esemplari più grandi. Alcune pareti o frammenti bruciati in vetro di colori intensi, blu e giallo ambra (t. 40, US 166; t. 56, US 281; t. 64; t. 119 blu con gocce bianche) richiamano esemplari globulari o piriformi (genericamente tipi Is. 6, 26) (fig. 3). Nonostante le colorazioni, non si tratta di oggetti di pregio, ma di prodotti piuttosto correnti, realizzati in grandi quantità per il commercio al minuto di essenze destinate alle funzioni rituali, e spesso monouso. Sono anche tra gli oggetti vitrei più antichi attestati nel sito in quanto diffusi tra l’età augustea e l’età neroniana7. Forse una piccola costolatura rimane sul frammento blu della t. 64 (forma Is. 26) (fig. 3, 2). Infine, le rugosità presenti sul frammento deformato della t. 40, US 166 (da contesto precedente la sepoltura) (fig. 3, 5), apparentemente non dovute al fuoco, potrebbero indicare un esemplare soffiato a stampo in forma di dattero (forma Is. 78d), contenitori di I sec. d.C. che si ipotizza fossero prodotti sulla costa fenicia per commercializzare qualche olio profumato, forse ricavato proprio dal frutto rappresentato8. Il piccolo ammasso fuso di colore blu e bianco opachi dalla stessa US 166 rientra tra le pochissime testimonianze di vetro policromo (fig. 3, 6). Grandi La forma Is. 16, quasi una bottiglia, databile tra secondo quarto e fine del I sec. d.C., è rappresentata da frammenti, tra cui parte del collo con spalla sfuggente, in vetro azzurro chiaro, dalla t. 64 (tav. II, 1), e da un esemplare di dimensioni più piccole, da US 496 (t. 114). Tra gli esemplari di dimensioni maggiori ha un posto di rilievo il pezzo facente parte del corredo della t. 3 (tav. II, 2), riferibile alla forma Is. 82b2/DT 31: alto 18,8 cm, presenta ventre campaniforme, senza strozzatura alla base del lungo collo; sul fondo, concavo per l’impressione dello stampo, si identifica un bollo a rilievo, anepigrafo, con un motivo fitomorfo, costituito da un ramo di palma (?) tra volute (figg. 4-5). Le due inferiori si dipartono dalla base del ramo, due a C uniscono le volute inferiori con la cima del ramo, sormontate da altre due accoppiate, meno leggibili sono altre poste all’esterno di questa composizione, anche per la posizione leggermente decentrata dell’impressione rispetto al fondo. Come evidenzia Luigi Taborelli9, la composizione delle volute “disposte specularmente” ai lati dell’elemento fitomorfo centrale ha l’esito di evidenziare tale elemento, nel quale si deve probabilmente vedere la stilizzazione di una particolare essenza vegetale, legata forse all’aroma contenuto nel vaso. Si tratta di un bollo già conosciuto, attestato in diverse località sia della Transpadana occidentale (Torino10 e Pollenzo (CN)11) sia dell’area gardesana (Arco (TN)12 e Mezzariva di Bardolino (VR)13); a Cavriana (MN)14 e a Verona, necropoli di Porta Palio15; la segnalazione più meridionale è a Urbino16. Un esemplare è noto anche nel Nord Renania-Westfalia17. Questa forma di balsamari si afferma nella seconda metà del II - inizi III sec. soprattutto in Italia centro-settentrionale; la presenza su alcuni di essi dei marchi VEC(TIGAL) MONOPOLIUM P(ATRIMONI) IMP(ERATORIS) CAES(ARIS) M(ARCI) ANTONINI disposto attorno al monogramma RAVENNA e PATRIMONI [F(ISCI)] RATIONIS/REG(IONIS) RAVEN(NATIUM), sembra testimoniare una produzione nel territorio ravennate, probabilmente in relazione alla presenza di fondi di proprietà imperiale – at6 Per i riferimenti tipologici cfr. DE TOMMASO 1990. Nel territorio bresciano, diversi esempi nelle necropoli di Nave (Sub ascia 1987, figg. 79-80), Manerbio (PORTULANO, RAGAZZI 2010, p. 103), e bresciane (STELLA, BEZZI MARTINI 1987, cat. 25a, 63a, 79a). 8 MANDRUZZATO, MARCANTE 2007, p. 15, cat. 24-29. 9 TABORELLI 2002, p. 33. 10 Via del Deposito, oggi via Piave, 3 es. in tomba con nicchie: TABORELLI 2002, tav. X; GABUCCI, SPAGNOLO GARZOLI 2013, fig. 12, 1-3. In questo caso il corredo comprendeva 6 balsamari, associati ai tre anepigrafi due con bollo V.D e uno con bollo QDE/LPF. 11 Tomba 3, 1961: FILIPPI 2006, p. 78, fig. 75; GABUCCI, SPAGNOLO GARZOLI 2013, fig. 14. 7 12 Strada provinciale n. 118 di S. Giorgio, 1984: BASSI, CAVADA, EN2013, p. 100, fig. 1, 10. 13 Ritrovamento del 1892, esemplare al Museo al Teatro Romano di Verona, a corpo molto schiacciato: FACCHINI 1991, cat. 154, tav. 25; BOLLA 1998, fig. 10. 14 PICCOLI 1975, p. 28, fig. 6. 15 BOLLA 1995, p. 37. 16 CINGOLANI 2014, p. 90, fig. 4, 3, con bibliografia precedente. 17 Da Münchengladbach-Rheydt-Mülfort, in questo caso il ramo viene definito “di abete”: BAUMGARTEN, FOLLMANN-SCHULZ 2011, cat. DBN 82, tav. 2. DRIZZI La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Tav. II. Balsamari grandi (scala 1:3). 495 496 I reperti in vetro| Marina Uboldi 2 cm Fig. 4. Balsamario dal corredo della t. 3. Fig. 5. Bollo con motivi fitomorfi sul fondo del balsamario della t. 3. testati da altre fonti e soprattutto dalle industrie laterizie – nei quali poteva avvenire la lavorazione degli aromata contenuti nei recipienti o la loro commercializzazione al minuto18. Il significato del bollo posto sul fondo di contenitori vitrei destinati al commercio di sostanze cosmetiche e medicinali, oltre che alimentari, è da tempo oggetto di dibattito tra gli archeologi e gli storici dell’economia antica, con variazioni nell’interpretazione come riferimento al produttore del recipiente o a quello del contenuto. Nel caso di questi balsamari, contenitori di un prodotto certamente pregiato, che ritroviamo in luoghi anche molto lontani tra loro proprio perché trasportavano un contenuto particolare, il bollo risulta di grande importanza per delineare percorsi mercantili. Altri grandi balsamari sono attestati nella necropoli di Lovere dai ritrovamenti del 1907, uno a ventre conico e collo alto quanto il corpo, l’altro a corpo schiacciato quasi lenticolare e lungo collo (DT 35), anche sul fondo di quest’ultimo si intuisce la presenza di un bollo impresso, purtroppo non leggibile19 (tav. II, 34; figg. 6-7). Sporadico del 1957 è, infine, un frammento di orlo pieno, a tesa orizzontale, e collo cilindrico, che potrebbe appartenere alla stessa tipologia (tav. II, 5)20. I confronti più prossimi geograficamente provengono dalle necropoli bresciane, dal Lugone di Salò e da Riva del Garda, contrassegnati da bolli diversi spesso compresenti nello stesso contesto21. Analisi sulle tracce di contenuto di un esemplare del Lugone hanno individuato tracce di resina di Acantice Mastice, un arbusto appartenente alla macchia mediterranea22. Orli con bordi a cordoncino e diametri di circa 3 cm rimandano a balsamari o a piccole bottiglie, di cui non possiamo ricomporre la struttura (riempimento t. 9/1996, t. 47, t. 69, t. 123, t. 131, US 253, tav. II, 6-9). Può rientrare infine nelle forme di fine III-IV secolo un frammento di collo cilindrico in vetro biancastro, con attacco della spalla, riferibile ad un balsamario o ad una piccola bottiglia di forma Is. 103 (US 499, t. 116) (tav. II, 10). 18 Cfr. ROFFIA 1994; ROFFIA 2015a. Sul problema del commercio degli unguenti aromatici nei contenitori di vetro e sul balsamum judaicum proveniente dai giardini di Gerico, cfr. anche TABORELLI 1983. 19 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1372 e 1364; ROFFIA 1993, cat. 293-294. 20 FICINI 2012-2013, tav. XIV, 6. BEZZI MARTINI 1987, pp. 63-64, fig. 4; MASSA 1997a, p. 89, tav. XXII, 9, 12-14; BASSI 2010b, pp. 170-171, tav. II, 16-17. 22 MASSA 1997a, p. 89, “adoperata per la preparazione di balsami o cosmetici non pregiati”. 21 La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati Fig. 6. Balsamario dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1372). 497 Fig. 7. Balsamario dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1364). Fig. 8. Ollette dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1298, 1299, 1312). Balsamari olliformi I piccoli recipienti olliformi (forma Is. 68), usati probabilmente come contenitori di unguenti, sono attestati a Lovere dai quattro esemplari integri rinvenuti nel 190723 (tav. III, 1-4, fig. 8) e da due orli nella t. 1/199624 (tav. III, 5-6). Questa forma è ampiamente diffusa in Italia centro-settentrionale, la fattura assai semplice produce molteplici varianti nei profili e negli orli, l’arco cronologico di attestazione è pure molto lungo, giungendo dalla metà del I fino al IV secolo. Si distingue l’esemplare rappresentato da alcuni frammenti in vetro blu intenso con collo cilindrico (?) e orlo solo ingrossato (US 101/1996, tav. III, 7, fig. 9). 23 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1298, 1299, 1312, 5446; ROFFIA 1993, cat. 388-391. 24 Pertinente un altro fr. dal riempimento di t. 5/1996. 498 I reperti in vetro| Marina Uboldi 5 1 2 3 4 6 7 Tav. III. Balsamari olliformi (scala 1:3). 2 cm Fig. 9. Frammenti in vetro blu intenso, di probabile olletta, US 101/1996. La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 499 1.2. Bottiglie e brocche Le bottiglie/brocche sono spesso riconoscibili solo dalla presenza di frammenti di orli e anse, che non sempre però ci aiutano a identificare forme e varianti; come recipienti sono un elemento ricorrente nella composizione dei corredi tombali, tuttavia a Lovere non si sono conservate in numero elevato nei contesti di più recente indagine. Anche la scarsa presenza di frammenti di pareti concorre a rafforzare l’impressione del forte rimaneggiamento del terreno, più volte interessato dagli scavi per le sepolture, che sembra avere portato addirittura alla scomparsa dei frammenti di dimensioni più piccole, normalmente recuperabili in ambiti meno “vissuti”. Bottiglie a corpo prismatico Is. 50 La bottiglia che più comunemente accompagna i defunti è quella a corpo parallelepipedo, con base quadrata, classificata come Is. 50, una delle forme più diffuse in tutte le regioni dell’Impero romano. La forma può essere ottenuta soffiando il vetro in stampi aperti, composti da più elementi rimovibili, o appiattendo il fondo e le pareti su un piano. La spalla, il collo e l’orlo sono invece sempre realizzati a mano libera e presentano molte varianti e spesso caratteri di asimmetria25. Il primo esemplare noto da Lovere proviene dalla tomba rinvenuta nel 1819 in località Milana e passata dalla Collezione Vimercati Sozzi al Museo di Bergamo, caratterizzata sul fondo da un bollo anepigrafo a corona vegetale che circonda un ramo verticale26: un motivo non sconosciuto, ma che non trova al momento confronti in Italia settentrionale27. Un esemplare del tipo, di dimensioni piuttosto contenute (h 12,8 cm), è stato rinvenuto nel 190728 (tav. IV, 1); i frammenti di un altro, rappresentati da un collo con ansa e da parti di parete/fondo, su una della quali rimane una bugnetta nell’angolo, a suggerire una base decorata con cerchi concentri e quatto piedini, nello scavo del 1996 (tt. 1 e 2, forse pertinenti) (tav. IV, 2, fig. 10). Due sono le bottiglie nel corredo della t. 3 del 2015, una delle quali caratterizzata da corpo allungato in altezza (Is. 50b: lato 6,7, h 17,3 cm). L’imboccatura è svasata a tromba con bordo solo ingrossato e arrotondato, privo di un orlo rilavorato o ribattuto, come di maggior consuetudine. Sul fondo il bollo, non molto evidente, è costituito da un tondo centrale e da quattro petali ovoidali disposti in direzione degli angoli e alternati a tondi più piccoli. Stesso bollo contrassegna la seconda bottiglia dalla medesima tomba, conservata solo per la parte inferiore del corpo (tav. IV, 3-4; figg. 11-14). Nonostante la sua elementarità il bollo non trova al momento confronti, salvo un motivo simile su un fondo frammentario della collezione del Museo di Arles29. L’identità dei bolli indica comunque che le due bottiglie della t. 3 provenivano dalla stessa bottega o dalla stessa fornitura. Un altro pezzo quasi integro, dalla t. 100, ha invece forma piuttosto bassa (h alla spalla 9 cm), con collo sottile e ansa a due costolature con filamento terminale che si rivolta all’esterno (tav. V, 1, figg. 1516). Sul fondo di questo esemplare tre cerchi concentrici a rilievo, all’esterno dei quali una fascia in cui il vetro presenta delle ondulazioni irregolari, che Fig. 10. Collo e ansa di bottiglia a corpo quadrato, t. 1/1996 (St 2016.11.14). sembrano la traccia di una iscrizione30. 25 Trattano di questa forma tutti i cataloghi e i volumi sul vetro antico, per una sintesi cfr. BIAGGIO SIMONA 1991, pp. 177 ss.; ROFFIA 1993, pp. 149-150; MASSEROLI 1998 per la regione Cisalpina. 26 Sulle vicende del ritrovamento MEDOLAGO in questo volume. VIMERCATI SOZZI 1869-1870a, tav. XXIV, 6. La bottiglia è conservata al Civico Museo Archeologico di Bergamo, inv. 516. 27 Più diffuso è il semplice ramo vegetale o di palma. Per l’analoga disposizione con corona e ramo che la attraversa, si veda la grande bottiglia a base rettangolare da Argyruntum, LAZAR 2006, tav. 3, CRO 17; per corone vegetali e rami stilizzati, PRICE 2006, tav. 3. Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1304; PATRONI 1908, p. 13; ROFFIA 1993, cat. 344. 29 FOY 2010, cat. 468. 30 Nella stessa posizione è ad esempio il bollo C.REHESIMI IANUARI sul fondo di una bottiglia della necropoli di Craveggia (VCO), t. 15, datata all’ultimo quarto del I-inizi del II sec. d.C.: Viridis lapis 2012, p. 66, fig. 47, fig. 133, 9. 28 500 I reperti in vetro| Marina Uboldi Figg. 11-12. Bottiglia Is. 50 dal corredo della t. 3. 1 2 3 4 Tav. IV. Bottiglie quadrate (scala 1:3). La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 501 I frammenti di un’altra bottiglia provengono da diverse US: dal riempimento della t. 118 frammenti di parete e di ansa, in vetro azzurro intenso lucido, pertinenti ad un fondo con anelli concentrici (lato almeno 7 cm, spessore parete 0,5) dal riempimento della t. 105 e ad un fr. angolare di base in US 253, sembra compatibile anche un orlo nella t. 117 (tav. V, 2). La dispersione dei frammenti e lo stato di conservazione della più antica di queste sepolture (t. 118) non permettono di stabilire di quale corredo la bottiglia fosse parte. Un collo con ansa da US 202 (t. 33) (tav. V, 3), dove sono presenti anche frr. di un fondo piano con cerchi concentrici, testimonierebbe infine un altro esemplare, in parte deformato dal calore. 2 cm Fig. 13. Bottiglia Is. 50 frammentaria dal corredo della t. 3. Fig. 14. Bollo sul fondo della bottiglia dal corredo della t. 3. Fig. 15. Bottiglia Is. 50 frammentaria dalla t. 100. Fig. 16. Fondo della bottiglia dalla t. 100, con tracce di bollo. 502 I reperti in vetro| Marina Uboldi 1 2 3 4 5 6 Tav. V. Bottiglie (scala 1:3). La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 503 Bottiglietta a corpo prismatico a sezione esagonale Corpo a sezione esagonale, leggermente rastremato verso il fondo, che reca impressi cerchi concentrici con punto centrale, caratterizza una piccola bottiglia dai ritrovamenti del 1907 (tav. V, 4, fig. 17)31. Variante dei contenitori a sezione quadrata e assai meno diffuse di essi, queste bottiglie sono per lo più di piccole dimensioni (quella di cui stiamo trattando è alta 10,1 cm) e di fattura corrente. Sono attestate a partire dalla metà del I sec. d.C.32 Un confronto interessante, per dimensioni e decoro del fondo nella necropoli di Craveggia, in una sepoltura databile all’ultimo quarto del I sec. d.C.33 Orli di bottiglie Non attribuibili con sicurezza, ma probabilmente pertinenti a bottiglie monoansate un frammento di orlo in vetro azzurro (Ø 5,6) dal riempimento della t. 122, e un orlo con bordo ripiegato ad andamento obliquo (Ø 4), da US 135 (tav. V, 5-6). Brocchetta Is. 56a I ritrovamenti del 1907 avevano restituito una bella brocchetta integra, di forma Is. 56a, alta 12,8 cm, decorata da un sottile filamento applicato a spirale dalla base del collo al fondo, la bocca è trilobata e l’ansa, piegata ad angolo retto, forma un anello al di sopra dell’orlo (tav. VI, 1, fig. 18)34. I confronti sono abbastanza numerosi, sia per il tipo di imboccatura35, sia costituiti da esemplari con imboccatura semplice, ma ugualmente decorati con filamenti, quali uno da Losone Papogna, in Canton Ticino, presente in un corredo databile alla fine del II o al III d.C., ed uno da Milano, Necropoli dell’Università Cattolica, in un contesto sepolcrale ancora più tardo36. Fig. 17. Bottiglietta con corpo a sezione esagonale, dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1323). Fig. 18. Brocchetta Is. 56a, dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1348). Olpi Is. 55a Quando pensiamo al ritrovamento effettuato a Lovere nel 1907 non possiamo non visualizzare subito il gruppo di brocche coniche oggi esposte al Museo Archeologico di Milano: nove esemplari pressoché tutti integri, con leggere differenze nelle dimensioni, ma tutti riferibili alla stessa forma di recipiente Is. 55a37 (tavv. VI, 2-8-VII, 1-2, figg. 19-20). La forma è molto tipica, caratterizzata dal corpo conico, in genere apodo, che passa direttamente o tramite un accenno di spalla sfuggente a formare un lungo collo, cui si attacca un’ansa a gomito talvolta rialzato. È 31 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1; PATRONI 1908, p. 13; ROFFIA 1993, cat. 346. 32 Per la diffusione in Italia settentrionale e Canton Ticino, cfr. BIAGGIO SIMONA 1991, pp. 186-187; ROFFIA 1993, p. 150, nota 20; LARESE 2004, p. 60, tab. 45 per il Veneto; MOIRIN 2006; due esemplari anche nella necropoli Ai Paradisi di Trento, ENDRIZZI 1990, pp. 77-78, tav. 39, 133-134. 33 SPAGNOLO GARZOLI 2012, p. 178, fig. 9, t. 44. Per un accenno ad un esemplare da Cavriana (MN), cfr. PICCOLI 1975, p. 28. 34 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1348; PATRONI 1908, p. 13; ROFFIA 1993, cat. 334, p. 139. 35 Si veda l’esemplare da Almese Malatrait, GABUCCI 1996, p. 79, tav. XXVI, n. 5. 36 BIAGGIO SIMONA 1991, tav. 29; La città e la sua memoria 1997, p. 202; PATERNOSTER 2000; SANNAZARO et al. 1998, p. 93, tav. XXIII, 6. 37 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1365-1371, 13731374; ROFFIA 1993, cat. 321-329. 504 I reperti in vetro| Marina Uboldi 1 2 3 4 5 6 7 8 Tav. VI. Brocche e olpi (scala 1:3). La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 505 Fig. 19. Olpi Is. 55a dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1368, 1369, 1367, 1365). Fig. 20. Olpi Is. 55a dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9. 1373, 1366, 1371, 1370). stata classificata dalla Isings in due varianti, diverse tra loro: la variante 55a corrisponde alla forma semplice sopra descritta ed è la più diffusa38. Questi recipienti, definiti talvolta lagoenae per analogia con gli esemplari fittili, compaiono in età tiberiano-claudia e sono ampiamente diffusi nelle necropoli dell’Italia settentrionale, così da essere per lo più considerati prodotti nord-orientali o medio-padani. La distribuzione dei pezzi noti, che supera di gran lunga i confini della Cisalpina, induce invece a pensare a una pluralità di centri produttivi (nord-Adriatico, Lomellina, Canton Ticino, bresciano/veronese, solo per citare alcune aree dell’Italia settentrionale, dove questi oggetti sono costantemente presenti)39. 38 La 55b presenta un accenno di piede formato dal restringimento della parete alla base, il corpo può essere piriforme o carenato nella parte inferiore, l’ansa può presentare una lunga appendice inferiore pizzicata. Contrariamente alla variante a, la forma Is. 55b è meno diffusa (cfr. a Pompei, SCATOZZA HÖRICHT 2012, tav. XLV, 12489). 39 Per una sintesi su questa forma si veda BIAGGIO SIMONA 1991, pp. 189-192; ROFFIA 1993, pp. 138-139; LARESE 2004, p. 64. La forma è attestata comunque anche in Gallia, cfr. ad es. FOY, NENNA 2003, pp. 262-263. I ritrovamenti pompeiani mostrano che si tratta di una forma non esclusiva delle regioni settentrionali (cfr. ROFFIA 1993, p. 138, nota 26). 506 I reperti in vetro| Marina Uboldi Una recente analisi tipologica40 ha evidenziato l’esistenza di alcuni gruppi formali o con caratteristiche decorative particolari, tuttavia non è bastata a permettere osservazioni conclusive, probabilmente per il campione analizzato, ancora piuttosto ristretto: sono stati infatti censiti 64 esemplari editi su tutta l’Italia settentrionale, ma a questi possiamo già aggiungere almeno 10 esemplari solo da contesti milanesi (scavi di Via Madre Cabrini e nell’area del Policlinico)41. La struttura e le dimensioni dei pezzi di Lovere sono abbastanza uniformi: siamo infatti in presenza di forme più o meno affusolate, con profilo continuo tra ventre e collo, le altezze variano da 15,3 a 21,3 cm venendo a costituire due gruppi di esemplari, alcuni più bassi e con parte inferiore un po’ più campaniforme e tre più sottili con profilo quasi perfettamente conico, il colore del vetro varia dal quasi incolore opacizzato al verde/giallino al verde/azzurro, con diversi stadi di alterazione: anche se i pezzi sono molto simili tra loro, non è ovviamente possibile ipotizzare che siano usciti dalla medesima officina produttiva. Secondo la descrizione del Patroni le nove brocche di Lovere, insieme alla piccola bottiglia con collo decorato a filamenti e alle ollette Is. 68, avrebbero fatto parte del corredo di un’unica sepoltura, la t. I, contenente anche la coppa in argento incisa. Un numero così elevato di esemplari della stessa forma in una sola tomba suscita perplessità e, nonostante alcune possibili spiegazioni, già vagliate da Elisabetta Roffia, quale la deposizione nella tomba di oggetti appartenuti al defunto e da lui tesaurizzati, si deve considerare la possibilità che la ricostituzione del corredo effettuata sulla base delle informazioni fornite a Patroni dagli scavatori non sia del tutto attendibile42. La brocca Is. 55a costituisce comunque un oggetto spesso presente nei corredi in più di un esemplare: a Milano, quattro esemplari erano presenti in una tomba rinvenuta nel 1893 nell’area del Parco Sempione43; tre esemplari erano nella t. 8 di Via Madre Cabrini44, tre nella t. 60 e due nella t. 21 della necropoli nell’area del Policlinico45; due esemplari sono stati trovati insieme anche a Como, in una tomba a cremazione inserita in un monumento funerario di Via Benzi46. Cinque esemplari, anche se di dimensioni molto piccole, che le accostano a balsamari, facevano parte del corredo di una tomba di Cividate Camuno, loc. Broli47. Numerosi sono in complesso gli esemplari documentati a Brescia e in territorio bresciano, le attestazioni più prossime a Lovere sono a Cividate Camuno e Borno48. Anse, colli e fondi di brocche o olpi di forme non identificabili La presenza di frammenti di anse di piccole dimensioni o sottili è indizio di altri recipienti da tavola usati per la somministrazione di liquidi, purtroppo però non si conservano mai ampi tratti delle pareti che potrebbero permettere una ricostruzione del corpo e una identificazione tipologica. In US 149 (t. 24) un’ansa a doppia costola in vetro azzurro, un orlo con bordo ribattuto verso l’interno e appiattito, e un piede ad anello piuttosto grosso, cavo, deformato, potrebbero essere i residui di un’olpe facente parte del corredo deposto sul rogo (tav. VII, 3, fig. 21). 40 PERMUNIAN 2009. Aggiunti ai cinque noti dai contesti tombali degli scavi ottocenteschi, queste brocche costituiscono il recipiente più significativo dei corredi funerari nella seconda metà del I sec. d.C. nella città di Milano (UBOLDI 2012-2013, pp. 201-203; UBOLDI 2015). 42 PATRONI 1908, p. 8; ROFFIA 1993, p. 31. 43 BOLLA 1988, pp. 155-160, tav. CXVIII-CXIX; ROFFIA 1993, p. 28 e p. 143, nn. 330-331. 41 Fig. 21. Frammenti di olpe, t. 24/US 149. 44 UBOLDI 2015, fig. 2. Scavi 2007-2013, inediti, ringrazio per le informazioni sui vetri rinvenuti A. Marensi. 46 UBOLDI 2006, p. 231, tav. VIII, 5-6. 47 ROSSI 1989, p. 37, fig. 35. 48 BEZZI MARTINI 1987; necropoli di Borno, JORIO 1986a, p. 98, tav. XXX, VIII, 1; Cividate Camuno, da un canale che passava sotto la cavea del Teatro, UBOLDI 2004, tav. 4, 41. 45 La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 1 3 2 4 6 5 8 7 Tav. VII. Brocche e olpi (scala 1:3). 507 508 I reperti in vetro| Marina Uboldi Di difficile attribuzione anche il frammento di ansa sottile e allungata dalla t. 56 (tav. VII. 4). L’ansa della t. 65 (tav. VII, 5) è caratterizzata da una piegatura ad anello che affianca il collo all’altezza dell’orlo, il diametro del collo inferiore a 2 cm suggerisce l’appartenenza ad una brocchetta di ridotte dimensioni. Tale espediente decorativo è molto diffuso, su recipienti di forma diversa49. In modo meno conservato è presente anche nel frammento di piccola ansa (largh. 2,2, h 3 cm) dal riempimento della t. 112 (US 490), pertinente ad un oggetto di piccole dimensioni (tav. VII, 6). Bottiglia a ventre schiacciato con filamenti sul collo Questa piccola bottiglia50 (h cm 13,8, Ø ventre 8,8) con corpo piriforme schiacciato su piede ad anello applicato, lungo collo cilindrico decorato nella parte Fig. 22. Bottiglia a ventre schiacciato con filamenti sul collo, dai rinvenimenti superiore da un filamento applicato a spirale (tav. del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1349). VII, 7, fig. 22), costituisce un caso particolare, in quanto potrebbe rappresentare un oggetto di importazione. La forma corrisponde alla IN 266 della catalogazione di D. Foy e viene attribuita per tradizione a produzioni del Mediterraneo orientale, ma sono numerose anche le attestazioni occidentali, per lo più in area adriatica: a Zara, ad Aquileia, nella necropoli di Fano, a Ponte nelle Alpi (BL), loc. Polpet; a Arles51. Una forma analoga di recipiente, talvolta con spalla un po’ più alta, costituisce anche il supporto per decori a filamenti vermicolari applicati (IN 267) o incisi (IN 268)52. Il confronto con gli esemplari citati data la bottiglietta di Lovere tra la seconda metà del II e il III secolo, in contrasto con le numerose brocche indicate come provenienti dalla stessa t. I. Piede di bottiglia o altro recipiente non identificabile In due frammenti combacianti, uno dei quali dal riempimento della t. 98 e l’altro dalla t. 116, è un piede ad anello verticale, corposo, ricavato dal piegamento del fondo di un recipiente non identificabile, forse una bottiglia o brocca, oppure un’olletta (Ø del piede cm 7,5) (tav. VII, 8). Il vetro a colorazione naturale con sfumatura verde chiaro e lo spessore della parete suggeriscono una datazione a partire dal pieno I sec. d.C.53. 1.3. Coppe, coppette e piatti 1.3.1. Coppe e piatti in vetro formato con l’ausilio di uno stampo Coppa Is. 1/18 Frammenti di orlo leggermente rientrante con bordo arrotondato, in vetro a colorazione naturale a sfumatura verdina, pertinenti quasi sicuramente ad un unico esemplare di coppa emisferica, sono stati raccolti nei riempimenti delle tt. 103 e 117 e nelle UUSS 49 Cfr. ad es. RÜTTI 1991, tav. 145, 3696-3701. Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1349; Roffia 1993, cat. 360. 51 Zara: RAVAGNAN 1994, cat. 299; Aquileia: CALVI 1968, p. 147, cat. 305, tav. N, 1, a corpo sferoidale; Fano: MERCANDO 1972, pp. 255257, fig. 21; Ponte nelle Alpi (BL), loc. Polpet: CASAGRANDE, CESELIN 2003, p. 76, n. 40; Arles: Verres incolores 2018, p. 266, fig. 1. 50 Fig. 23. Orlo di coppa Is. 1/18 in diversi frammenti. 52 Così anche la bottiglia di Brescia con scene dionisiache incise e la bottiglia sempre incisa di Tortona, ROFFIA 2011, figg. 6-7, 9, 12; Verres incolores 2018, p. 268, 1. 53 Cfr. per bottiglie RÜTTI 1991, tav. 155, 4098-4101; per le ollette RÜTTI 1991, tavv. 88, 1981 e 89, 2014. La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 1 509 2 3 5 4 Tav. VIII. Coppe formate a stampo (scala 1:2). 241 e 253. La coppa, di medio diametro (12/14 cm), presenta fitte linee orizzontali di molatura sull’esterno e interno liscio (tav. VIII, 1, fig. 23). La produzione di queste coppe, di forma emisferica o più bassa e larga, spesso caratterizzate da solcature incise sulla parete interna, ha origine sia in Oriente che in Occidente tra la seconda metà del I sec. a.C. e gli inizi del secolo successivo. L’essenzialità della forma deriva dall’uso di una matrice convessa utilizzata per dare la curvatura ad un disco vitreo precedentemente preparato. D. Grose54, oltre a evidenziare l’ascendenza ellenistica di tecnica produttiva, morfologia e decorazione, sottolinea gli stretti contatti tra queste coppe lisce e le coppe costolate di età augustea. In considerazione dell’antichità di questa forma, essa non è molto rappresentata nel territorio lombardo e in tutta l’Italia settentrionale, l’unico esemplare integro da una necropoli lombarda è ad oggi la coppa da Dorno (PV), t. 9455. Coppe costolate Is. 3 La forma, per la cui discussione si rimanda alla ricchissima letteratura56, è presente a Lovere con 6 esemplari, tutti in vetro a colorazione naturale (tt. 7, 22, 27, 33, 85, US 74, tav. VIII, 2-4). La deformazione per bruciatura che osserviamo su alcuni dei pezzi citati testimonia l’usanza di porre sul rogo anche questi contenitori con offerte alimentari o essenze vegetali, che poi venivano raccolti con l’ossilegio e immessi nel riempimento delle tombe a cremazione. Coppa costolata soffiata a stampo Un frammento da t. 23, US 156, in vetro incolore trasparente con leggera sfumatura azzurra (tav. VIII, 5), potrebbe essere riferito alla forma AR 30, realizzata per soffiatura entro stampo, per ottenere sottili costolature verticali affiancate. Queste coppette si distinguono dalle Is. 3 per la spalla rientrante con labbro verticale e per le baccellature fini e regolari che in genere occupano solo la parte centrale del corpo. Per i recipienti soffiati in matrice la letteratura propone spesso un’origine orientale o un collegamento con la tradizione siro-palestinese, ma non 54 GROSE 1989, Family 1, p. 247, fig. 121 (Monochrome Linear-Cut Bowls). DIANI 2005; SCANSETTI 2019, fig. 3. 56 Delle coppe costolate Is. 3 trattano innumerevoli pubblicazioni, poiché questo tipo di oggetto ha goduto di un enorme successo in tutte le regioni dell’Impero romano dalla fine del I sec. a.C. e per tutto il I d.C. ed oltre: non è quindi necessario riprendere le notizie generali sul 55 tipo, ampiamente divulgate, né sulla problematica legata alla tecnica di lavorazione, probabilmente frutto di procedimenti diversi da valutare su ogni singolo esemplare. I centri di produzione di tali oggetti potevano essere dislocati in diverse sedi, per rispondere alla richiesta commerciale. 510 I reperti in vetro| Marina Uboldi è tuttavia da escludere la possibilità di produzioni in Italia settentrionale. Le coppe di questo tipo sono frequenti a partire dalla metà del I sec. d.C. In Lombardia si segnalano pezzi dalla Lomellina e dal Pavese, dove, accanto ad un esemplare in vetro opaco di probabile importazione, sono noti frammenti in vetro naturale di fattura meno accurata (Valeggio Lomellina, Cascina Tessera t. 25; Vigevano, necropoli della Morsella; Pavia, alveo del Ticino)57, dal territorio di Brescia58 e da Milano59. Piatto a tesa US 322/t. 71 ha dato l’unico frammento dello scavo riferibile ad un piatto incolore con orlo a tesa prodotto per formatura a stampo (fig. 24). L’irregolarità del frammento rende difficile il calcolo del diametro, l’esemplare è però riconoscibile e si inserisce nella categoria dei vetri appositamente decolorati di metà II-metà III sec.60. Nonostante questi piatti per lungo tempo non siano stati messi in evidenza o identificati se troppo frammentari, trovano una discreta diffusione: segnaliamo pertanto la presenza di un esemplare nella necropoli Ai Paradisi di Trento, dalla Tomba A o “della bambolina”, e varie attestazioni in contesti abitativi di area lombarda, tra cui Cividate Camuno, Brescia e Verona, oltre naturalmente a Milano61. Fig. 24. Orlo di piatto a tesa, US 322/t. 71. 1.3.2. Coppette soffiate liberamente Modioli Is. 37 o coppette Is. 69a Un frammento di orlo a breve tesa, in vetro incolore, con cordone tubolare esterno sotto l’orlo (Ø 9,2 cm, riempimento t. 100, US 444B), è da riconoscere come pertinente ad un modiolus di forma Is. 37 o ad una coppetta Is. 69a (tav. IX, 1). Un altro esemplare con analoghe caratteristiche, ma in vetro blu scurissimo, è rappresentato da un frammento di orlo (Ø 10) da US 135 (tav. IX, 2). Dotate entrambe le forme di piede ad anello e di una fascia rilevata al di sotto dell’orlo, il modiolus ha normalmente sagoma più slanciata e ansa, mentre le coppette sembrano trovare ispirazione in analoghi recipienti in terra sigillata; sono diffuse nella seconda metà del I sec. d.C. Ancora pochi sono i confronti in Lombardia: per il modiolus a labbro svasato ricordo gli esemplari da Valeggio e Garlasco in Lomellina e da Cremona, piazza Marconi62, mentre le coppette con cordoncino esterno sono attestate da più esemplari a Milano, scavi Università Cattolica63. Coppe/coppette Is. 41, 42, 43; Piatti Is. 45, 46 Coppe, coppette e piatti soffiati liberamente e rifiniti con l’uso di strumenti e del pontello per la realizzazione di piedi e orli sono tra i manufatti più diffusi in età romana imperiale, di uso comune sulla mensa. La facilità di realizzazione e l’assenza di decorazioni (salvo nel caso dei filamenti ondulati applicati all’orlo nella forma Is. 43) rendevano molto veloce la lavorazione, che si presenta spesso irregolare nelle forme. Una produzione 57 Cfr. DIANI 1998, p. 35 con riferimenti bibliografici; INVERNIZZI 2010, fig. 27. 58 STELLA, BEZZI MARTINI 1987, n. 91a. 59 Foro Bonaparte (ROFFIA 1993, p. 71, n. 41) e scavi Università Cattolica (UBOLDI 2012-2013). 60 AR 13-AR 14; Verres incolores 2018, IN 133, 134, 135, 138. 61 ENDRIZZI 1990, tav. 2, 6, fig. 15; UBOLDI 2004, tav. 1, 2; ROFFIA 1996, fig. 136, 12; ROFFIA 2008, tav. XCVI, 1-2. Per Milano: UBOLDI, VERITÀ 2019, tav. III, 11, e Area del Duomo, UBOLDI 2023, tav. 1, 21. 62 DIANI, VECCHI 1998, tav. XII, 4; DIANI 2018, tav. IV, 6. La forma è nota anche ad Alba (GABUCCI 1997, fig. 2, 5). In Veneto sono noti ad oggi 6 esemplari, LARESE 2004, p. 50. Due esemplari sono segnalati in Canton Ticino dalla necropoli di Tenero, BIAGGIO SIMONA 1991, pp. 86-87. Un esemplare proviene dalla necropoli di Albenga, MASSABÒ 1999, p. 78, n. 27. 63 UBOLDI 2012-2013, tav. VI, 4-6. La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 1 2 4 5 3 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 Tav. IX. Coppette e piatti soffiati (scala 1:3). 511 512 I reperti in vetro| Marina Uboldi 2 cm Fig. 25. Coppetta Is. 41/42, dal corredo della t. 3. 2 cm Fig. 26. Orli di coppa Is. 43 da US 101/1996 (St 2016.11.375). che si afferma intorno alla metà del I sec. d.C., come manifattura di massa e di grande successo su tutti i mercati sotto l’influenza romana, anche se la comparsa di alcuni tipi si colloca già in età tardoaugusteo-tiberiana, come indicano le riproduzioni di alcune coppe in affreschi della Villa di Boscoreale e della Villa di Oplontis, nonché in edifici di Pompei. Ad una fase più antica si attribuiscono gli esemplari in vetro intenzionalmente colorato, in genere verde scuro, assenti nel sito di Lovere, mentre dalla seconda metà del secolo il vetro utilizzato per produrre questi oggetti è soprattutto incolore con sfumature azzurre o verdine. La produzione continua senza interruzione fino alla seconda metà del II secolo. Il corredo della t. 3 ci offre un bell’esemplare di coppetta (Ø orlo 10,7, h 4,7 cm), con pareti leggermente troncoconiche che si aprono in un orlo a tesa con bordo solo arrotondato: è classificabile tra la forma Is. 41b per la rigidità del profilo e la Is. 42a, per l’orlo con bordo solo ingrossato (tav. IX, 3, fig. 25). In US 202/ t. 33, contesto che ha dato diversi frammenti vitrei, la maggior parte dei quali deformati per contatto con il fuoco, sono presenti un orlo della stessa tipologia e un esemplare con parete lievemente carenata64 (tav. IX, 4-5). Di piccole dimensioni (Ø orlo 9,4 cm) anche l’esemplare attestato nel corredo (?) della t. 85 (tav. IX, 6), dove un altro fr. con diametro di 17,2 cm e pareti quasi verticali (tav. IX, 7) sembra rimandare a un piatto Is. 45 o 4665. Più diffusa la variante Is. 42b, in cui l’orlo è rifinito ad anello ripiegato verso l’esterno (un orlo in t. 56, leggermente deformato, e un frammento di orlo a cordoncino in US 84). Sembrano mancare invece gli orli ad anello cavo verticale tipici della forma Is. 44. Frammenti di pareti oblique e bordi ad anello largo, ripiegato verso l’esterno, rientrano comunque in una categoria di coppe a bassa vasca emisferica, di ampia diffusione anche se di tipologia non canonica: larghe intorno ai 14-17 cm sono presenti tra i materiali degli scavi del 1996, t. 2 e US 101, in tt. 33 e 78 e in US 13466 (tav. IX, 8-11: US 101, t. 33, 78 e US 134). L’applicazione di due filamenti ondulati sul bordo ad anello, come elemento ornamentale e con funzione di prese, ci permette di identificare tre esemplari della forma Is. 43 (t. 42, US 101/1996, e alcuni frr. rinvenuti 64 Per una variante della forma con carenatura della parete e labbro quasi orizzontale, cfr. la coppetta della t. 44 di Craveggia (Viridis lapis 2012, fig. 179, 22) ed esemplari di Aquileia (MANDRUZZATO, MARCANTE 2005, cat. 229-230). 65 La forma Is. 46a apoda è attestata nel territorio bresciano da due begli esemplari dalla necropoli di Ghedi, STELLA, BEZZI MARTINI 1987, cat. 68a-69a. Al Lugone di Salò due esemplari facevano parte di corredi di tombe a cremazione riferiti all’ultimo trentennio e alla fine del I sec. d.C., MASSA 1997a, pp. 85-86, tavv. XVII, 2 e XXI, 3. Ben dodici esemplari di questa forma sono presenti anche nei contesti del Santuario di Minerva a Breno, ROFFIA 2010, p. 329, tav. I, 1. 66 L’incompletezza del profilo impedisce di portare confronti non discutibili. Per una proposta di revisione delle tipologie che distinguano tra piatti e coppe, cfr. LAZAR 2003, in particolare i tipi 1.3.1, 2.4.2 e 2.4.4. Si segnalano alcuni esempi con profili a vasca, poco comuni, quali la coppa con anse applicate da Garlasco, Cascina Solferina, Tomba 17 e alcuni altri pezzi lomellini (DIANI, INVERNIZZI, REBAJOLI 2010, figg. 8-9). La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati nel 1973) (tav. IX, 12 e fig. 26). Una forma con qualche pretesa di raffinatezza decorativa, che potrebbe avere tratto ispirazione da modelli metallici ed è molto diffusa in area centro-padana e nord-italica tra la seconda metà del I sec. d.C. e la prima metà del secolo successivo67. Alle forme sopra descritte sono pertinenti alcuni fondi con piedini ad anello, cavi e sottili, ottenuti ripiegando il bolo vitreo in fase di soffiatura: l’associazione certa tra orli e piedi non è purtroppo mai possibile in mancanza di punti di attacco. Oltre ai piedi di piccolo diametro (4-6 cm) (tt. 132, 85, 26, US 253/254, US 95, tav. IX, 13-18), si contano in quantità minore esemplari più ampi, sempre in vetro molto sottile (t. 1/1996, fig. 27). 513 2 cm Fig. 27. Piede ad anello di coppa o piatto, t. 1/1996 (St 2016.11.19). Coppetta soffiata a stampo con costolature oblique Dal ritrovamento del 1907 ci è giunto un altro oggetto di origine produttiva incerta: una coppetta a pareti concave (Ø orlo 13,5, h 6,6 cm), su piede ad anello piuttosto corposo, orlo estroflesso a creare una tesa orizzontale con bordo a cordoncino ripiegato all’esterno verso il basso, decorata a leggere costolature oblique per soffiatura entro stampo68 (tav. IX, 19, fig. 28). Questa tecnica di lavorazione, piuttosto complessa perché richiede una matrice costo2 cm lata aperta e più fasi di lavorazione dell’oggetto, è usata a partire dal III sec. su recipienti diversi, anche se per lo più chiusi (brocche, bottiglie, ollette). La Fig. 28. Coppetta soffiata a stampo con costolature, dai rinvenimenti del forma della nostra coppa potrebbe rimandare ad 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.1347). ambito orientale: un confronto per la forma, al Museo di Toronto, ritenuto di produzione siro-palestinese, era già stato citato da E. Roffia, altri esemplari di questo tipo sono noti al Museo di Gerusalemme e da Jalame69. Considerando la forma del recipiente, dobbiamo evidenziare come esistano tuttavia delle evoluzioni delle coppe Is. 41 e Is. 42 caratterizzate da orli espansi con bordi pronunciati, ben evidenziate nelle pubblicazioni di contesti svizzeri e francesi (forma AR 109.2)70. Un esemplare frammentario con analogo trattamento della parete è stato rinvenuto a Marsiglia, negli scavi della Bourse71. 1.4. Bicchieri Bicchieri ovoidali o con pareti a depressioni L’orlo tagliato e non rifinito rinvenuto nel riempimento della t. 123, per lo spessore ridotto, la materia opacizzata e il diametro di 7 cm, è classificabile in una tipologia di bicchieri di I sec. d.C. comprendente forme diverse (Is. 29, 32, 34, 35) accomunate da alcune caratteristiche, quali il vetro incolore, l’orlo molto sottile, decorazioni a linee orizzontali incise. Variano l’articolazione del profilo e la forma della base, che può essere 67 Per una discussione cfr. BENEDETTI, DIANI 2003. La forma è attestata a Cividate Camuno, UBOLDI 2004, tav. 1, 7; al Lugone di Salò, MASSA 1997a, tav. XXI, 7; nel Santuario di Minerva a Breno, ROFFIA 2010, tav. II, 3. 68 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.1347; ROFFIA 1993, cat. 56. 69 ROFFIA 1993, p. 75; HAYES 1975, n. 196; ISRAELI 2003, p. 157, cat. 156; DAVIDSON WEINBERG 1988, fig. 4-3, 20. 70 RÜTTI 1991, tav. 92, 2106; FÜNFSCHILLING 2015, p. 387. 71 FOY 1995, p. 196, tav. 7, 39. 514 I reperti in vetro| Marina Uboldi apoda o dotata di piede ad anello72. Il nostro frammento sembra lasciar intuire un andamento espanso del corpo, a sacchetto o forse con depressioni (Is. 32 ?) (tav. X, 1). Anche nella t. 71, US 322, sono presenti frammenti di orli riferibili a uno o più bicchieri dello stesso tipo, nella variante ad orlo rientrante con labbro verticale (tav. X, 2). Bicchieri/coppette Is. 85b/AR 98 Dalla t. 22/1973 provengono un frammento di orlo 2 cm pieno, ingrossato esternamente, su parete verticale, e un frammento di fondo con doppio anello applicato in vetro incolore, pertinenti ad una tipica cop- Fig. 29. Bicchiere Is. 85b, t. 3. petta/bicchiere cilindrica Is. 85b/AR 98, che costituiva l’unico recipiente di accompagno del defunto (tav. X, 3). Un altro esemplare, quasi interamente conservato, appartiene al corredo della t. 3: il vetro è verde chiaro trasparente, non alterato, e il profilo arrotondato nella parte inferiore, su piccolo e semplice piede ad anello applicato73 (tav. X, 4, fig. 29). La forma è attestata anche nel riempimento delle tt. 71 e 46 da frr. di orli e piede (tav. X, 5-6) e negli scavi del 1996 (riempimento t. 2 e US 101). Con questi bicchieri siamo di fronte alla forma potoria più diffusa tra la metà del II e la metà del III sec. Le varianti riguardano per lo più la forma dell’orlo e del piede. Sono quasi assenti nel Mediterraneo orientale, mentre le attestazioni di questo tipo vanno sempre più aumentando in tutte le regioni occidentali, a dimostrazione anche dell’esistenza di molti centri produttivi74. I confronti pertanto si fanno sempre più abbondanti, con numerose presenze in Italia settentrionale (Brescia, Verona, Angera, Calvatone, Pegognaga, Parma, Luni75, Albenga76, territorio vercellese77, Cividate Camuno e Breno78, Como79 e naturalmente Milano80), dove pare confermata una maggiore diffusione nell’area centro-padana, rispetto al Veneto orientale e ad Aquileia. Questa scarsità nell’area orientale sembra contrastare con la possibilità di una provenienza di questa forma dall’area mediterranea e indicare come più probabile una diffusione dall’area transalpina, con successive produzioni regionali81. Vetro inciso con decorazioni a chicchi di riso Un solo frammento (t. 74) attesta a Lovere finora la presenza di una decorazione piuttosto diffusa dalla fine del II e soprattutto nel III secolo, eseguita per intaglio e che, negli esemplari più semplici e meno raffinati, definiamo “a chicchi di riso”; le forme su cui vengono applicati questi decori sono per lo più aperte, cilindriche o emisferiche (bicchieri Is. 85b, coppette Is. 96b, coppe Is. 116), in vetro tendenzialmente incolore, i motivi sono costituiti da tacche oblunghe sul corpo, disposte sfalsate su più file, e da fasce di incavi ovali82. Per le ridotte dimensioni del frammento rinvenuto è impossibile proporre una forma di appartenenza. 72 Per una discussione e un elenco delle attestazioni si può fare riferimento a ROFFIA 1993, pp. 85-87, in merito agli esemplari cat. 70-71 e 78, ma non vi è quasi scavo in area nord-occidentale che non abbia dato qualche frammento pertinente a questi tipi. Il rinvenimento di esemplari integri in contesti tombali ci illumina sul gran numero di varianti esistenti. 73 La forma a pareti più ovoidali che cilindriche è attestata ad esempio a Milano, Necropoli dell’Università Cattolica, sia nel corredo della Tomba 7174, sia nel sarcofago US 3247 (L’abitato la necropoli il monastero 2011, p. 143, fig. 4; UBOLDI 2012-2013, tav. XXXIV, 6-7). 74 Per una bibliografia cfr. FOY 2010, p. 339, note. 75 ROFFIA 1996, p. 219; ROFFIA 2000; ROFFIA 2002, p. 416, con riferimento alla bibliografia precedente. 76 MASSABÒ 1999, p. 84, n. 38. PANERO 2019, p. 16. 78 UBOLDI 2004, pp. 270-271; ROFFIA 2010, tav. II, 5-17. 79 UBOLDI 2005, pp. 226-227. 80 UBOLDI 2012-2013, 78 esemplari; UBOLDI, VERITÀ 2019. 81 ROFFIA 2010, pp. 334-335. 82 Per le problematiche e la diffusione del vetro incolore in età romana, cfr. Verres incolores 2018. Per presenze e tipi noti in area bresciana, ROFFIA 2015b. 77 La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 2 1 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 Tav. XI. Bicchieri (scala 1:3). 515 516 I reperti in vetro| Marina Uboldi 2 cm Fig. 30. Bicchiere Is. 106, t. sez. E/T. 2 cm Fig. 31. Bicchiere Is. 106, t. 9/4/1996 (St 123113). Piedi ad anello pieno di bicchieri e forme non identificabili Questi frammenti sono difficili da attribuire, in quanto potrebbero essere relativi a forme diverse, la loro caratteristica è la struttura piuttosto massiccia che li distingue da quelli delle coppette dei primi due secoli d.C. (tt. 29, 33, 53, US 135, tav. X, 7-10). Bicchieri Is. 96/Is. 106 Dagli scavi del 1996 un bicchiere troncoconico a bordo orizzontale tagliato a spigolo vivo, in vetro verdino chiaro (Ø orlo cm 8,7, h cm 9,5), è l’unica testimonianza di una sepoltura ad inumazione definita tomba di sezione E/T, mentre un altro esemplare, in peggiore stato di conservazione, con corpo giallastro e superficie devetrificata, proviene dalla t. 9/3/199683 (tav. X, 11-12, figg. 30-31). Non sono collegabili a precisi corredi altri frammenti in vetro verde marcio o abbastanza intenso anch’essi attribuibili alle forme Is. 96/Is. 106, tipiche di IV sec. Tra questi un frammento da US 257, riempimento di t. 46, ed un orlo da US 253 presentano bordo arrotondato alla fiamma, finitura poco diffusa in questa tipologia di recipienti84 (tav. X, 13-14). 2. ORNAMENTI E MISCELLANEA Le perle in vetro rinvenute nella necropoli costituiscono un interessante nucleo di reperti, ammontano a 316 esemplari e sono presenti in 30 contesti tombali, in 26 dei quali facevano parte del corredo personale del defunto. Le tipologie attestate sono tutte già altrimenti note, mi limiterò pertanto a fornire i dati delle presenze e solo qualche breve aggiornamento su questa categoria di oggetti che si possono prestare a diverse riflessioni, ma risultano maggiormente significativi se analizzati all’interno di un contesto. 2.1. Tipi di perle (tab. 1) Le perle costolate, note anche come Melonenperlen, sono diffuse in una vastissima area geografica, con origini già in epoca egizia, e prodotte in Occidente a partire dal periodo La Tène fino all’altomedioevo85. La forma 83 FICINI 2015-2016, tav. VI, 10-11. FORTUNATI ZUCCÀLA 1998b, fig. 43, tav. XXXI, 2. 84 Il confronto lombardo meglio rappresentativo è un bicchiere integro da una sepoltura di Rho - Lucernate (SIMONE ZOPFI, LA SPADA 2006), altri esemplari provengono da Brescia, S. Giulia (UBOLDI 1999, p. 286, tav. CXIX, 10). 85 GIOVANNINI 2008, Tipo IV, p. 157 e, per una bibliografia, p. 165, nota 42. Non sempre chiarite, ma diverse potevano essere le modalità di realizzazione di queste perle: per incisione manuale, tramite uno stampo o una pinza costolata, per rotazione su una superficie rigata, cfr. BORN 1975; ROFFIA 1993, p. 204. La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 517 Fig. 32. Perle e collane in vetro: 1. Melonenperlen t. 26/1973 (St. 48632-48633); 2. t. 5/1996 (St. 2016.11.66); 3. t. 24/1996 (St. 2016. 11.159); 4. t. 27/1996 (St. 2016.11.173); 5. t. 6; 6. t. 48. 2 1 3 5 4 6 è realizzata sia in vetro sia con un materiale non del tutto vetrificato, che denominiamo per comodità faience86. La grandissima diffusione di questi oggetti lascia ovviamente supporre una molteplicità di luoghi di produzione, anche se spesso si è fatto riferimento ad un’origine egiziana in considerazione della somiglianza con i prodotti più antichi. Le perle di produzione romana fanno la loro comparsa in età augustea per divenire maggiormente diffuse dall’età giulio-claudia, anche se continuano ad essere presenti nei più svariati contesti, ma soprattutto negli ornamenti di provenienza sepolcrale, fino a tutta l’epoca longobarda, quando dovevano rivestire ancora un valore simbolico. Gli esemplari nei contesti di Lovere sono sempre in numero ridotto: due esemplari in buono stato di conservazione (apparentemente non andati sul rogo) sono attestati nella t. 26/1973, cremazione con interessante corredo, databile agli inizi del II sec. (fig. 32, 1); dallo scavo del 2015 due nella t. 10 e due nella t. 64 diversi tra loro per dimensioni87. Questo tipo di presenza, non riferibile a collane composite, suggerisce un uso come singolo elemento ornamentale o apotropaico. Gli altri tipi presenti, salvo i casi delle perle in vetro nero che si tratteranno in seguito, sono tutti molto semplici, monocromi, realizzati per avvolgimento di un filamento vitreo su bacchetta o ricavati da canna ti- 86 Il termine, nato per indicare i materiali egiziani ceramici non argillosi invetriati con colori azzurri o verdi brillanti, indica un composto di silice con l’aggiunta di una piccola quantità di fondente (soda, potassio e calcio) e di colorante (generalmente rame). Secondo il metodo di fabbricazione, la proporzione della silice e dei fondenti, i parametri di cottura, il rapporto silice non fusa/fase vetrosa può variare e si ottengono diversi prodotti più o meno vetrificati. Nel vetro la fase vetrosa costituisce invece la quasi totalità del materiale. 87 Sporadici e residuali gli esemplari in t. 26 e US 84. 518 I reperti in vetro| Marina Uboldi rata. Da una sottile canna cava, successivamente tagliata in segmenti di lunghezze diverse che venivano rifiniti in uno spazio riscaldato o per sfregamento per eliminare i bordi taglienti, si potevano ricavare le perle cilindriche e quelle a sezione quadrata ed esagonale; le forme tubolari richiedono però una particolare attenzione, perché mostrano spesso di essere state realizzate per avvolgimento o ripiegamento di un piccolo quantitativo di vetro sulla bacchetta, come evidenziato dalla linea longitudinale di sovrapposizione dei margini (fig. 33). I vaghi della collana della t. 59 hanno anche la particolarità di evidenti Fig. 33. Particolare delle perle a tubetto ottenute arrotolando una piccola tracce di una torsione del vetro effettuata in fase di striscia di vetro sulla bacchetta. creazione del tubetto (fig. 34, 2). Le perle tubolari sono ampiamente diffuse in ambito occidentale, soprattutto nei colori del blu e del verde, e potevano accompagnarsi nei monili a vaghi di altre forme e di altri materiali. Si rinvengono in un lunghissimo arco cronologico, a partire dal I sec. a.C.88. Ugualmente le perle ricavate da canna forata a sezione poligonale sono ben attestate in età romana, dalla prima età imperiale in avanti, per lo più in vetro verde chiaro opaco, imitante le pietre preziose e dure89. Di questo colore sono quasi tutti gli esemplari di questa forma (non sempre la distinzione tra sezione cilindrica e poligonale è facile) presenti tra il nostro materiale (figg. 32, 5 e 34, 5). Rappresentata da due esemplari in vetro bianco opaco e da uno blu è invece la forma a sezione quadrangolare (tt. 23, 59, 98), a mezzo tra la forma cubica e la troncopiramidale sono gli esemplari blu della collana dalla t. 48 (fig. 32, 6). Smussando gli angoli di elementi cubici erano realizzate le perle poliedriche: di colore prevalentemente blu, compaiono a Lovere con diversi esemplari, leggermente diversi tra loro per forma e dimensioni, 12 nella collana della t. 6 (fig. 32, 5), e un esemplare nelle tt. 68 e 1/1973. La diffusione di questo tipo nel mondo romano è veramente universale, soprattutto nel III e IV sec. d.C., oltre ad essere particolarmente attraenti si ipotizza che questi elementi potessero essere portatori di un significato simbolico legato alla forma sfaccettata90. Derivate da canna forata sono anche le piccole perle multiple (Ø 0,4/0,3), che si presentano collegate tra loro da brevi segmenti tubolari, probabilmente destinati ad essere tagliati, diffuse almeno dal II sec.91. Nelle tombe di Lovere gli esemplari sono: 9, di cui 2 unite, nella t. 43; un elemento a 3 globetti attaccati in vetro giallino (lungh. 0,8) nella t. 69 (fig. 34, 4); un elemento a 5 globetti uniti nella t. 94 (fig. 34, 6); e vari elementi (10 palline singole, 2 elementi da 2, 2 da 3, e un elemento cilindrico) nella t. 130 (fig. 34, 8). Hanno caratteristiche molto simili tra loro: vetro incolore trasparente o a sfumatura giallina, senza tracce di foglia d’oro, elemento caratterizzante di perle realizzate con la stessa modalità segmentata92. Un elemento con sequenza di cinque perline tonde in vetro incolore è presente anche nella t. 5/1996 e altri due nella t. 24/1996 (fig. 32, 2-3). Le perle monocrome di forma arrotondata – sferiche, anulari, biconiche, a botticella, a mandorla – e piramidali o a goccia, potevano essere realizzate da sezioni di canna riscaldate e rimodellate o direttamente sulla bacchetta, prelevando il fuso dal crogiolo93. Non si riscontrano oggetti con caratteristiche inconsuete. I colori maggiormente attestati sono il verde e il blu, seguiti dagli esemplari in apparenza neri, in numero molto limitato il bianco opaco, un tubetto e due palline sono in rosso opaco. Il vetro giallino/ambra è presente in esemplari singoli all’interno di complessi vari (uno a mandorla in t. 6, uno piriforme in t. 69) e con 14 grani alternati a 44 grani blu o verde/azzurro nella collana della t. 124 (fig. 34, 7). 88 GIOVANNINI 2008, Tipo XI, 4, p. 160. RIHA 1990, Tipi 11.22-11.23; GIOVANNINI 2008, Tipo XI, 5. 90 RIHA 1990, Tipo 11.25; GIOVANNINI 2008, Tipo XII, p. 161, con ampia bibliografia. 91 GIOVANNINI 2008, Tipo XI, 8, con ampia bibliografia in nota. Sulla tecnica di lavorazione, SPAER 1991, p. 47; D’INCÀ, RIGONI 2016, pp. 89 38-40; BOSCHETTI, GRATUZE, SCHIBILLE 2020, pp. 330-331, fig. 8. GIOVANNINI 2008, Tipo VIII, p. 158; D’INCÀ, RIGONI 2016, pp. 3840. 93 Su queste tecniche di lavorazione, cfr. da ultimi BOSCHETTI, GRATUZE, SCHIBILLE 2020, pp. 329-332. 92 La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 1 2 3 4 5 6 7 8 Fig. 34. Perle e collane in vetro: 1. t. 58; 2. t. 59; 3. t. 68; 4. t. 69; 5. t. 92; 6. t. 94; 7. t. 124; 8, t. 130. 519 520 I reperti in vetro| Marina Uboldi TOMBA/US perle ricavate da canna cava tirata costolate tubetto a sezione quadrata tubetto a sezione circolare blu verde altro bianco, blu t. 1/1973 t. 26/1973 tubetto a sezione esagonale blu poliedriche segmentate verde 2 blu irregolari 1 2 t. 5/1996 2 1 (5 globetti), 1 t. 9/4/1996 t. 24/1996 2 1 (2 globetti), 1 (3 globetti) 2 t. 27/1996 t. 6 corredo t. 10 corredo 3 11 1 2 t. 13 corredo 2 t. 23 corredo t. 26 riempimento? 12 1 bianco 1 t. 31 corredo ? t. 40 corredo t. 43 corredo 12 piccole irregolari (11 blu, 1 verde) t. 48 corredo t. 52 riempimento ? 1 t. 58 corredo 8 t. 59 corredo 1 t. 64 corredo 7 singoli globetti, 1 da 2 uniti 4 1 rosso opaco 1 blu 1 bianco 2 t. 68 corredo 1 t. 69 corredo 1 t. 71 riempimento ? 1 1 globetto verde chiaro 1 (3 globetti) 1 t. 74 corredo t. 92 corredo 27 t. 94 corredo 2 1 (5 globetti) t. 98 riempimento ? 1 blu t. 101 corredo 1 t. 124 corredo t. 127 corredo 1 t. 130 corredo US 84 totale 1 8 18 7 Tab. 1. Tipologia e distribuzione delle perle in vetro dalle tombe di Lovere. 1 18 1 2 1 47 10 globetti 14 31 521 La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati perle ottenute da elemento avvolto (visibile la giuntura) tubetto con segni di torsione tubetto a sezione circolare blu tecnica di lavorazione non evidente lenticolari o a botticella globetto biconiche perle lavorate su bacchetta a goccia o piriformi con foro per il lungo anellini spirali di filo in vetro nero piramidali perle in vetro nero con decori applicati verde 5 1 6 2 globulari, 1 a botticella, 1 pendente a brocchetta 1 globulare 7 blu, 6 nero, 1 ambra 2 bianco 5 e 1 pendente a brocchetta 1 ambra 24 blu piccoli, 8 blu più grossi 4 nero, 2 bianco opaco 1 nero 4 1 blu traslucida 2 rosso opaco 1 8 nero/grigio 1 blu 1 verde 3 1 verde chiaro 3 blu, 1 inco1 blu lore giallino 2 blu, 1 verde 4 forme irregolari: 16 verde, 13 ambra, 22 blu 1 3 petrolio 2 1 ambra, 4 blu 3 azzurro 2 blu 14 8 1 59 1 20 40 7 5 8 15 522 I reperti in vetro| Marina Uboldi Realizzate per avvolgimento di un filo sulla bacchetta sono infine le perle a spirale, una tipologia che trova un numero ridotto di riscontri tra fine III e metà IV sec.94 e una maggior diffusione in età altomedievale, anche se con caratteristiche e colori più variati95. Gli esemplari in esame sono sei e provengono dalle tt. 68 (fase III, fine IV sec.) e 94 (fase II, III sec.) (fig. 34, 3 e 6), dove è presente anche un elemento più grosso realizzato sempre per avvolgimento, più un frammento dalla t. 58 (fase III, IV sec.) (fig. 34, 1): sono pressoché identici tra loro, in vetro nero creati con un filamento a sezione rotonda avvolto in spire più o meno fitte. Il confronto più significativo per noi è rappresentato dal materiale conservato al Museo di Aquileia, costituito da alcuni vaghi sciolti e da altri inseriti in due collane, attribuite entrambe al IV sec.96. Appartengono tutte ad una medesima tradizione le perle in vetro nero, o di colore così scuro da apparire nero, con decori a contrasto, presenti in alcune tombe di III-IV secolo. È questa infatti una moda che ha interessato tutte le regioni romanizzate tra medio e tardo Impero97. Con perle di questo tipo sono realizzati l’insieme composto da due perle anulari con filamenti applicati a zig zag di colore verde e grigio chiaro, una perla a botticella, con numerosi fili azzurri avvolti attorno al corpo, e un pendente a brocchetta con filamento azzurro, indossato forse da una bambina di circa due anni deposta nella t. 9/4/199698 (fig. 35, 1) e quello della t. 27/1996, ugualmente infantile, con cinque vaghi neri anulari con filamento a zig zag (2 di colore turchese, uno bianco, gli altri due solo traccia del filo staccatosi) e un frammento di collo di pendente a brocchetta (fig. 35, 2). Una sola perla globulare con filamento bianco era associata a vaghi tubolari blu e verdi e a un elemento segmentato nella t. 24/1996, riferibile ad età tardoromana (fig. 32, 3). La t. 40 infine ha dato un complesso di quattro perle, una globulare, le altre a botticella allungata, formate per avvolgimento di un corposo strato di vetro nero sulla bacchetta e quindi decorate con l’applicazione di fili in colore contrastante, in un esemplare rosso, negli altri due giallo, a formare una linea a zig zag al centro della perla, mentre un filo più sottile è avvolto a spirale attorno alle estremità (fig. 35, 3). Il tipo, appariscente e ben identificabile, è noto con due forme di decoro nella parte centrale, a zig-zag semplice e doppio, cioè con i fili che si incrociano a formare una serie di rombi99, ed è attestato in Italia da un numero di esemplari non particolarmente abbondante, talvolta in associazione con pendenti a brocchetta realizzati nei medesimi colori e decori100. Di questo tipo di perla si segnalano esemplari soprattutto dalle regioni nord-orientali: un esemplare da Altino, Tenuta Bacchini, Morerato e Ghiacciaia (lunga cm 2,7)101 e una collana con perle e pendente a brocchetta da Oderzo, Necropoli di Via degli alpini, t. 84, collocabile tra III e IV secolo102; troviamo il filo giallo a zig zag in un esemplare molto simile a quelli di Lovere da San Giorgio, Loc. Valdaro (MN), tomba 97 del 2017, di bambino in anfora103; e ancora due esemplari provengono da Jesolo, mansio in loc. Antiche Mura104 e un esemplare sporadico da Comacchio, area antistante S. Maria in Aula Regia, scavi 2001105; una perla con decorazione a zig zag semplice da Cles, loc. Mechel (TN) (cons. al Museo di Trento); l’associazione con il pendente a brocchetta è attestata anche da un ritrovamento ottocentesco da Carate Lario (CO), senza contesto sicuro106. Esemplari di provenienza ignota sono conservati ai Musei Vaticani107. Queste perle sono attestate sia nelle regioni orientali, Israele, Siria, Libano ed Egitto108, sia nel centro-Europa109, non è pertanto possibile esprimersi sulle aree di produzione. Sui pendenti a brocchetta la bibliografia è più ricca, anche di interpretazioni, indirizzate a considerarli amuleti, per il rimando all’acqua e al bere che ritemprano, o si è pensato potessero avere una funzione come minuscoli contenitori di profumi, balsami e medicinali110. 94 TEMPELMANN-MACZYNSKA 1985, tav. 3, tipi nn. 151-153; GIOVANNINI 2008, Tipo XI, 9, p. 161: presente ad Aquileia con soli 11 esemplari. 95 MENOTTI 1994, tav. V, fig. 1, Sacca di Goito, t. 2 della necropoli longobarda di Strada Mussolina; BERTHELOT 1995, p. 15; GUIDO 1999, fig. 1, tav. 5, 6ii e tav. 4, 4v; GIOSTRA 2012, Tipi 23 e 30; MICHELETTO, UGGÉ, FERRERO 2017, fig. 29. 96 MANDRUZZATO 2008, cat. 88 e 95. 97 Sull’uso del vetro nero per la creazione di gioielli, normalmente attribuito alla volontà di ispirarsi al giaietto, cfr. DA CRUZ 2009; COSYNS 2011, in part. pp. 105-124, e a p. 111 le Barrel shaped beads. 98 FORTUNATI ZUCCÀLA 1998b, fig. 43. 99 SPAER 1991, p. 102, fig. 47, cat. 171-172; GUIDO 1999, pp. 27-28, tav. 3, 2xii; COSYNS 2011, p. 111, Barrel shaped beads. 100 SPAER 1991, pp. 171-173; GIOVANNINI 2008, p. 37, Tipo A4. 101 GAMBACURTA 1987, p. 212, cat. 88, fig. 24. Tesori della Postumia 1998, p. 560. 103 Inedita, informazione M.G. Facchinetti. 104 FERRI 2022, p. 16, fig. 2.7b. 105 CORTI 2007, fig. 3. 106 Cataloghi 1892, p. 68, 249-250. 107 FREMERSDORF 1975, tav. 59, 867. 108 SPAER 1991, p. 103 e bibliografia nei cfr. ai pezzi in catalogo. 109 GUIDO 1999, pp. 27-28; per la Pannonia, cfr. LÀNYI 1972, tav. 63 tipo 33. 110 GIOVANNINI in MANDRUZZATO 2008, p. 36. Le interpretazioni di questa forma in senso cristiano (EISEN 1927, II, pp. 520-521) non trovano oggi più seguito. 102 La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 523 1 2 3 Fig. 35. Perle in vetro nero: 1. t. 9/4/1996 (St 123115, 123116, 123766, 123916); 2. t. 27/1996 (St 2016.11.167-172); 3. t. 40. Di particolare interesse è la constatazione che le perle vitree di questa categoria ricorrono a Lovere sempre in sepolture infantili, che proprio per la presenza delle collane sono state ritenute di bambine, così come in tomba infantile era l’esemplare di Valdaro, a conferma di una necessità apotropaica/protettiva più sentita nell’accompagnamento dei defunti in tenera età. 2.2. Le collane Le collane vitree non presentano particolari caratteri di preziosità, essendo composte dagli elementi molto semplici sopra descritti, completati da montature in fibre o con elementi metallici, di cui rimane qualche scarso residuo: questi ultimi sono fili di bronzo, con anelli alle estremità, talvolta avvolti a spirale111 (fig. 32, 2 e 5), per rendere più gradevoli le chiusure, come si osserva anche nell’esemplare aureo del 1907112. Nella maggior parte dei casi dipendiamo per la datazione di questi monili dai dati di contesto piuttosto che non viceversa. Tra gli insiemi, quello della t. 6, che accosta un gruppo di vaghi blu sfaccettati ad un nucleo di tubetti di colore verde chiaro opaco, trova alcune forti analogie in ambito regionale, in particolare in una collana della necropoli di Cloz, t. 8, oltre che nel più ricco esemplare proveniente dal Passo della Mendola, dove i vaghi vitrei erano alternati a piccoli rocchetti in oro, entrambi contesti datati ai primi decenni del IV sec.113. 111 Una perlina blu cilindrica tra due elementi in filo di bronzo a spirale è presente anche nella t. 127. 112 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.2244; Milano capitale 1990, p. 278, cat. 4e.2d.5. 113 Schede di L. ENDRIZZI e C. BASSI, in Ori delle Alpi 1997, cat. 1226; 1227-1228 (Trento). A Milano, dalla necropoli dell’Università Cattolica, un complesso di 13 vaghi blu e 2 giallo chiaro di questo tipo proviene dalla t. 3169, contenente anche un orecchino bronzeo con pendente in vetro, fase di IV sec. (inedita). 524 I reperti in vetro| Marina Uboldi Il colore blu scuro traslucido contraddistingue anche altri vaghi di forme diverse, per lo più globulari, anche se appaiono più raffinati quelli di forma biconica114, impiegati nell’insieme della t. 27/1996 (fig. 32, 4): le dimensioni in questo caso sono molto piccole e spicca un solo elemento chiaro color giallo/ambra, contrasto cromatico che richiama quello tra lo zaffiro e l’oro e ricorre in molti monili di età romana115. I numerosi vaghi di colore verde chiaro opaco, derivanti da canna tirata di forma cilindrica o con sezioni pressoché esagonali, denunciano il desiderio di imitare la pietra dura, richiamando ai nostri occhi il colore dello smeraldo utilizzato nella già citata collana con elementi d’oro a filigrana, perle e vaghi prismatici in pietra, emersa a Lovere nel ritrovamento del 1907. Un monile interamente composto da questa tipologia di perle accompagnava lo scheletro della t. 92 (fig. 34, 5). Dei vaghi, sia globulari che cilindrici, in vetro nero e dei pendenti a brocchetta si è fatto cenno più sopra, evidenziando la loro valenza apotropaica e il collegamento con sepolture infantili. Le sepolture che contenevano questo tipo di ornamenti sono collocate in recinti diversi e non forniscono nessun elemento che le possa in qualche modo collegare. 2.3. I pendenti vitrei Come già accennato i vaghi a goccia, di forma troncoconica o piramidale, possono anche essere stati utilizzati come pendenti, prestandosi il foro longitudinale sia all’inserimento di un perno metallico con gancio, sia del filo di una collana. Il caso più evidente di utilizzo è costituito dai due pendenti in vetro blu, troncopiramidali, della t. 74, pertinenti a due orecchini in filo di bronzo di tipo a cappio (cfr. BUTTI), nei quali erano sorretti da un filo metallico inserito in un elemento conico di lamina bronzea116 (fig. 36). Tra i pendenti in vetro spicca un altro elemento, verde a goccia, non forato, inserito in un supporto in bronzo a forma di calice floreale con rigidi petali squadrati e tre fasce di lineette incise (lungh. 3,8 cm; fig. 37), dalla t. 1/1973, inumazione ritenuta femminile per la presenza di questo ornamento, di due armille in bronzo e di frammenti di catenella con perle vitree blu117 e datata al III-IV secolo d.C. Di particolare rilievo, anche se sporadico (US 101/1996), è infine un pendente (cfr. BUTTI) di forma circolare in vetro trasparente giallo (fig. 38)118, del tipo realizzato per colatura entro stampo aperto e impressione del motivo decorativo tramite un punzone119. L’esemplare porta l’immagine a rilievo di uno scorpione, con le chele aperte e coda girata a sinistra: 114 GIOVANNINI 2008, Tipo XI, 6. Più di un esempio nei corredi di San Donato di Lamon, D’INCÀ, RIGONI 2016, t. 65, p. 18; t. 39, p. 27; 20, p. 40. Una collana con vaghi biconici in vetro blu e bianco è esposta al Museo Archeologico di Milano, proveniente da Acco-Tolemaide, a nord di Haifa, Israele (inv. A.0.9.36667). 116 Per la discussione del tipo cfr. BUTTI. Un confronto discretamente pertinente è costituito dagli orecchini da una sepoltura, sia pure più tarda, di Trento, Palazzo Tabarelli, Scheda di E. CAVADA, in Ori delle 115 Fig. 36. Orecchini in filo di bronzo con pendenti in vetro blu, t. 74. Fig. 37. Pendente in bronzo con elemento a goccia in vetro verde, t. 1/1973 (St. 50199). Alpi 1997, cat. 1403-1404. Inoltre numerosi esemplari di questa tipologia con lamine variamente conformate sono conosciuti dalle necropoli di area pannonica: cfr. VÁGÓ, BÓNA 1976, passim e tav. XL; BURGER 1979, passim; SÁGI 1981, fig. 3, 12 (t. 10); fig. 3, 26 (t. 17). 117 Scheda di M. FORTUNATI ZUCCÀLA, in Ori delle Alpi 1997, cat. 149. 118 FORTUNATI, FICINI 2022, p. 145. 119 ENTWISTLE, FINNEY 2013, p. 132, fig. 1. Nell’esemplare di Lovere l’appiccagnolo è ripiegato verso la parte anteriore e sembra essere del tipo applicato, Ibidem, fig. 1e-f. La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 1 cm Fig. 38. Pendente circolare con figura di scorpione prodotta a stampo, US 101/1996 (St. 2016.11.182). 525 1 cm Fig. 39. Fusaiola in vetro, dai rinvenimenti del 1907 (© Civico Museo Archeologico di Milano, inv. A.0.9.18066). trova un confronto puntuale su un pendente di Aquileia120. Nella cittadina adriatica questi oggetti sono presenti con un gruppo numeroso e omogeneo, tale da far ritenere il sito un probabile punto di arrivo dai centri di produzione del nord della Siria o egiziani e un luogo di transito e smercio verso le regioni nord-occidentali, con la possibilità però anche di una produzione locale. I pendenti si datano da fine III a metà VI secolo d.C., con una maggiore concentrazione tra la seconda metà del IV e il V secolo121. Lo scorpione, il cui valore può essere variamente interpretato e che da simbolo ctonio e nocivo si trasforma in elemento celeste e profilattico, contribuiva a conferire a tali oggetti una funzione di amuleto122. 2.4. Fusaiola È probabilmente classificabile come una fusaiola un elemento troncoconico in vetro pieno di colore verde giallastro (Ø 2,4 cm, h 0,8 cm) (fig. 39), anche se qualche dubbio sorge dalle piccole dimensioni del foro centrale123. 120 MANDRUZZATO 2008, cat. 147. Inoltre ai Musei Vaticani, FREMERSDORF 1975, tav. 58, 889 e al British Museum, ENTWISTLE, FINNEY 2013, p. 162, cat. 80; https://www.britishmuseum.org/collection/object/G_1884-0509-6. 121 GIOVANNINI in MANDRUZZATO 2008, pp. 38-42, nn. 135-151; GIOVANNINI 2010, pp. 119-121. 122 Cfr. i riferimenti in GIOVANNINI in MANDRUZZATO 2008, p. 41; BUTTI in questo volume. 123 Civico Museo Archeologico di Milano inv. A.0.9.18066; ROFFIA 1993, cat. 436. Cfr. SPAER 1991, pp. 259-260. La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino | a cura di Maria Fortunati 599 BIBLIOGRAFIA A CURA DI ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE ABL = Lovere, Archivio Bazzini, spezzone, proprietà privata GABRIELLA TASSINARI F. 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