Publio Licinio Crasso Divite
Publio Licinio Crasso Divite[3] (in latino Publius Licinius Crassus Dives; ... – 183 a.C.) è stato un politico romano appartenente alla gens Licinia di provato valore sul campo di battaglia e di buone doti militari.
Publio Licinio Crasso Divite | |
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Console della Repubblica romana | |
Nome originale | Publius Licinius Crassus Dives |
Morte | 183 a.C. |
Gens | Licinia |
Consolato | 205 a.C. |
Censura | 210 a.C.[1] |
Pontificato max | 212-183 a.C.[1][2] |
Biografia
modificaNel 212 a.C. diventò pontifex maximus, superando competitori molto più conosciuti di lui come Quinto Fulvio Flacco e Tito Manlio Torquato, e si rivelò all'altezza della carica, malgrado la sua giovane età.[2]
Nel 210 a.C. venne nominato Magister Equitum (maestro della cavalleria) dal dittatore Quinto Fulvio Flacco.[4] L'anno seguente venne eletto censore[1] e, com'era consuetudine, alla morte del collega Lucio Veturio Filone, avvenuta poco dopo, rinunciò alla carica.[5] Tito Livio aggiunge che «Licinio Crasso non era mai stato prima di essere eletto censore, né console, né pretore; accedette a questa carica di censore dall'edilità curule».[1]
Nel 209 a.C. costrinse Gaio Valerio Flacco ad essere ordinato flamen dialis, contro la sua volontà.[6] Nel 208 a.C. divenne Pretore Peregrino (il Pretore che si occupava di giudicare le controversie tra i cittadini romani e gli stranieri, oppure tra stranieri). La sua carriera politica culminò nel consolato del 205 a.C., eletto con Publio Cornelio Scipione Africano.
Dopo il suo consolato propose di nominare Quinto Cecilio Metello dittatore per bandire le elezioni consolari.
Il Senato decise di prorogargli l'incarico, visto il suo coraggio, e, unito alle legioni del console Publio Sempronio Tuditano, finalmente sconfisse il grande nemico di Roma, Annibale.
Rimase Pontefice Massimo per più di un trentennio, morendo nel 183 a.C.
Fu un uomo profondamente legato alle tradizioni (costrinse Caio Valerio Flacco a diventare Flamen Dialis contro la sua volontà) ed estremamente severo (fece battere a morte una vestale, rea di aver provocato lo spegnimento del fuoco sacro).
Note
modifica- ^ a b c d Livio, XXVII, 6.17.
- ^ a b Livio, XXV, 5.3-4.
- ^ William Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, 1, Boston: Little, Brown and Company, Vol.1 pag.873 n.6 Archiviato il 15 ottobre 2012 in Internet Archive.
- ^ Livio, XXVII, 5.18-19.
- ^ Livio, XXVII, 6.18.
- ^ Livio, XXVII, 8.4.
Bibliografia
modifica- Fonti antiche
- (GRC) Appiano di Alessandria, Historia Romana (Ῥωμαϊκά), VII e VIII. Versione in inglese qui Archiviato il 20 novembre 2015 in Internet Archive..
- (LA) Cornelio Nepote, De viris illustribus.
- (LA) Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, III.
- (GRC) Polibio, Storie (Ἰστορίαι), VII. Versioni in inglese disponibili qui e qui.
- (GRC) Strabone, Geografia, V. Versione in inglese disponibile qui.
- (LA) Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXI-XXX.
- (LA) Tito Livio, Periochae, vol. 21-30.
- Fonti storiografiche moderne
- (EN) William Smith (a cura di), Mago, in Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, 1870., vol II, pag. 903, n. 5
- Giovanni Brizzi, Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio, Bologna, Patron, 1997, ISBN 978-88-555-2419-3.
- Giovanni Brizzi, Scipione e Annibale, la guerra per salvare Roma, Bari-Roma, Laterza, 2007, ISBN 978-88-420-8332-0.
- Guido Clemente, La guerra annibalica, collana Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, XIV, Milano, Il Sole 24 ORE, 2008.
- Theodor Mommsen, Storia di Roma antica, vol.II, Milano, Sansoni, 2001, ISBN 978-88-383-1882-5.
- André Piganiol, Le conquiste dei romani, Milano, Il Saggiatore, 1989.
- Howard H.Scullard, Storia del mondo romano. Dalla fondazione di Roma alla distruzione di Cartagine, vol.I, Milano, BUR, 1992, ISBN 9788817119030.